“L’Assoluto, in sé, non è definibile dalla ragione, ed è ineffabile per la parola; esso dev’essere avvicinato tramite l’esperienza”…
A questa esperienza conduce lo Yoga, anzi, più precisamente, questa esperienza è Yoga. Dai versi di Sri Aurobindo tratti da La Vita Divina, è possibile mettere l’accento subito sui punti fondamentali dell’esperienza yogica autentica: non può rimanere sul piano puramente mentale, intellettuale, concettuale, né può definirsi a parole, dunque, è una dimensione che si schiude parallelamente all’apertura al silenzio interiore (Antar Mouna). I due aspetti risultano cruciali e inseparabili: più le limitazioni della mente discorsiva, condizionata e ingannevole, cedono il passo alla spaziosità della Coscienza incondizionata, più il silenzio affiora come uno stato naturale d’essere che apre le porte di rivelazioni e intuizioni sovra mentali e sovra sensoriali.
In questo campo silente ma vitale, immobile ma vibrante “al di là delle idee di giusto e di sbagliato” – parafrasando il poeta sufi Rumi – le regole della logica non sono valide, bisogna arrivarci sgombri da qualsiasi preconcetto o credenza, pur spirituale che sia. Questo è un salto nel Vuoto (Sunyata), uno svuotamento concettuale e non un nichilismo assoluto o negazione d’esistenza. Tale salto non è stabilirsi da una posizione concettuale che si ritiene inferiore (materialismo: esiste solo ciò che è visibile e fenomenico) a un’altra che si ritiene superiore (spiritualismo: esiste solo ciò che invisibile e assoluto), bensì nel liberarsi da qualsiasi posizione preconcetta e entrare nel campo aperto dove la Verità fondamentale risuona con l’integrazione degli opposti e non con l’esclusione dell’aspetto che risulta più scomodo a seconda dei punti di vista, o delle premesse da cui far partire un ragionamento.
Lo Yoga si compie nella vita incarnata, non in un ragionamento astratto.
“La ragione, abituata a occuparsi del finito, traccia una linea di separazione tra l’infinito e il finito, fra lo spirito e i suoi fenomeni o manifestazioni e chiama i primi reali e i secondi irreali.” E, detto altrimenti, – continuando a dialogare con Sri Aurobindo – “con la premessa che l’Assoluto è la realtà suprema, a volte viene fatta una distinzione fra essere ed esistenza, un taglio netto fra l’Eterno increato e le esistenze create”.
Il rifiuto del mondo è dietro l’angolo. Così come le frustrazioni che, sottili, albergano in tanti praticanti yoga. Ma una coscienza originale e ultima abbraccia tutti i termini dell’esistenza in un’unica visione integrale: “dove la nostra mente vede dei contrari, la coscienza infinita può non vedere dei contrari, ma dei complementari […] Tutto il problema e le difficoltà intellettuali provengono dalla ragione finita che frammenta, separa … opponendo lo Spirito alla Natura”.
E ancora, il padre del Purna Yoga (Yoga Integrale):
“Si suppone che è soltanto attraverso una negazione dell’individuo e del cosmo che noi possiamo entrare nell’Assoluto. Ma in effetti, l’individuo non ha bisogno che di negare la propria piccola esistenza egoica separata”.
L’ILLUSIONE DI UN IO SEPARATO È PURAMENTE MENTALE
Non dunque il mondo è illusorio, né la mondanità da demonizzare, neppure la nostra individualità, bensì il nostro senso di separazione, di vita personale, a sé stante, vissuta nel sogno dell’esistenza di un Io separato, scaturente dal senso dell’Io, ego (Ahamkara).
Questo rimane un punto fondamentale, anzi forse l’unico da mettere veramente a fuoco e da realizzare con l’indagine che lo Yoga ci invita a compiere nelle profondità del nostro essere, perché la caduta nell’illusionismo radicale che liquida il mondo come non reale, “non risolve alcun problema della nostra esistenza”, ci ragguaglia Aurobindo precisando che: “un volo dello spirito non è una vittoria sufficiente per l’essere incarnato in questo mondo del divenire; essa (la teoria dell’illusione n.d.r.) determina una separazione dalla Natura, non una liberazione e un compimento della nostra natura.”
Maya è un potere d’illusione dell’Ignoranza, una Shakti (forza) mentale (“è nel potere della Mente concepire cose che non sono reali” si legge sempre in La Vita Divina) che ha una sua ragion d’essere nel piano divino dell’evoluzione, proprio per risvegliarci dagli inganni della mente temporale e sviluppare a pieno la pura Coscienza unificata, atemporale, libera dai limiti dello psichismo che imprigiona l’essere umano nel circolo vizioso della sofferenza. Quando si vede chiaramente il gioco divino dell’esistenza (Lila), il cuore si apre alla Gioia (Ananda), una qualità intrinsecamente collegata all’Autorealizzazione (Chit e Sat, ovvero coscienza di esistenza, consapevolezza della verità).
Ecco perché uno degli auspici più vibranti che la voce di Aurobindo ci ha lasciato è: “Che tutto in te sia gioia, questa è la tua meta”.
KYE HO! ASCOLTA CON GIOIA!
Incarnare una vita integrale, pienamente realizzata risvegliandosi alla vera natura di chaitanya (coscienza) kutastha (“ciò che rimane immutato) non può essere una fuga dal mondo, dagli aspetti che non ci piacciono in noi o negli altri, dal male che vediamo e di cui magari ci lamentiamo continuamente sperando in un mondo migliore… Yoga è essere Uno con tutto ciò che c’è, perché quando la mente crolla ciò che resta è il tutto. E questo tutto è intriso di una gioia di pura coscienza di essere e di esistere. Questo tutto è Sat Chit Ananda.
Dovremmo avere sempre nel cuore, vibrante e aperta, la domanda delle domande, con le sue molteplici declinazioni: Chi sono Io? A chi non piace questo o quello? A chi irrita questo o quello? Chi vorrebbe qualcosa che ancora non c’è, dunque, non accogliendo ciò che c’è in questo momento? Chi non accetta? Chi non è equanime? Chi non compassionevole e affidato alla Verità integrale della Coscienza non giudicante?
Il “Chi” del domandare interrogante ci riporta all’Ahamkara, il senso dell’Io separato, la personalità (da “persona”, vocabolo di origine etrusca che vuol dire “maschera teatrale”), l’”unica cosa da negare” riprendendo il monito di Aurobindo, riconoscendone l’illusione, vedendo chiaramente che si tratta di una costruzione mentale che vela la pienezza dell’esistenza così com’è, al di là degli opposti apparentemente inconciliabili.
“L’impressione di limitazione appartiene solo alla mente e ai sensi, i quali vedono il finito come se fosse un’entità indipendente che si separa dall’Infinito o come qualcosa ritagliato da esso mediante una limitazione: è quest’impressione che è illusoria, ma nè l’infinito nè il finito sono un’illusione; perché né l’uno né l’altro esistono a causa delle impressioni che ne hanno i sensi o la mente: per la loro esistenza, essi dipendono dall’Assoluto. Al di là della dualità e della non-dualità esiste Quello integrale, una vasta Realtà integrale in cui entrambe sono contenute e trovano la loro verità in una Verità che le supera”.
La grazia dello stato di Yoga si compie nell’istante di questa unica, potente, definitiva Realizzazione. Il compimento della nostra natura originaria, che risplende spontaneamente nella quiete gioiosa del cuore, saturandosi d’assoluto nell’impermanenza del divenire.
Concludo con i potenti versi del saggio Tilopa, mahasiddha indiano del Buddhismo Vajrayana , tramandati nel Grande Sigillo (Mahamudra), spesso intercalati da questa esclamazione: KYE HO! Ascolta con gioia!
Non ricordare. Non aggrapparti a ciò che è passato.
Non immaginare. Non aggrapparti a ciò che deve divenire.
Non pensare. Non aggrapparti a ciò che sta accadendo ora.
Non esaminare. Non cercare di analizzare qualcosa.
Non controllare. Non cercare di far accadere qualcosa.
Rilassati, dimora nel tuo stato naturale.