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Fin dai tempi delle antichissime scritture vediche, da cui trae origine lo Yoga Tradizionale, i rituali rappresentano qualcosa di basilare ed importante per l’evoluzione dell’individuo e la salvezza della propria anima.

La radice RT, significa ordine cosmico, ad indicare che tutto l’universo è asservito a leggi superiori, al di sopra delle facoltà umane.

La pratica yogica si prefigge pertanto l’affrancarsi dal dolore, dalla sofferenza e la liberazione dell’anima individuale (Ātma o Jīva) dal ciclo delle rinascite (Samsara) conseguendo la sua condizione suprema, l’unione con il Divino, l’Assoluto.

In questa prospettiva, secondo il pensiero indiano, i rituali esposti nelle scritture vediche erano un modo per applicare i quattro fondamenti (Purushārtha) su cui si basa la vita dell’uomo:

  • Dharma (rispetto e onore per le leggi che sostengono l’ordine cosmico)
  • Artha (equilibrio nell’acquisizione dei mezzi materiali al fine di garantire la sicurezza e benessere)
  • Kāma (l’amore, il piacere ,il desiderio al servizio del dharma)
  • Moksha (la liberazione dalla schiavitù del karma, la realizzazione).

A tal proposito, anche oggi, la pratica yoga è da vivere come un rituale, poiché ogni gesto, ogni atto, supportato da una attitudine interiore di ascolto, di osservazione e unione con il proprio respiro, rappresenta il mezzo di collegamento tra il cuore, la mente del praticante e l’armonia divina che permea l’universo.
Una connessione intima e focalizzata con sé stessi, la propria interiorità e divinità per il conseguimento della propria realizzazione.

Lo stesso Prānāyāma, con le sue tecniche, è considerato il rituale principale di purificazione, di liberazione e di offerta del proprio Prana (energia vitale) verso Dio.
Un rituale per lasciare che la propria forza vitale torni a chi ce l’ha donata.

La divinità è evocata attraverso la respirazione usando la concentrazione per esempio sul punto d’orizzonte, oppure sul cuore, punti capaci di contrastare la la dispersione sensoriale nel corso dell’evocazione del divino e la contemplazione.

Inoltre, molto importanti e legati al Prānāyāma, sono i Riti della Luna Piena e Nuova.
Si basano su pratiche respiratorie abbinate a punti di concentrazione che tengono in considerazione i quattro punti cardinali in cui è situata la vita di ogni individuo il quale è chiamato a realizzare i quattro Purushārtha; servono inoltre ad onorare chi lo ha preceduto, genitori e antenati e andare, attraverso la ricerca ed evoluzione, verso l’unione con il Divino.

Pertanto, secondo la tradizione di Sri T. Krishnamacharya e nello specifico di Suo figlio, Sri T.K Sribhashyam, sono rituali a suffragio della propria anima, ma anche a suffragio delle persone decedute. Sono rituali profondi che consentono di alleggerire il Karma e favorire l’evoluzione animica dell’individuo.

Occorre sempre di più conoscere la forza dello Yoga come mezzo di ricerca della verità di chi siamo realmente proprio attraverso l’approccio ritualistico che è da sempre un modo per innescare un profondo processo di trasformazione al fine di renderci puri e degni di connetterci con il Sacro.

Marina DemariaYogaperte Studio

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