“Spero che non dimentichiamo mai che il viaggio è più importante della scoperta.
Con ogni passo mettiamo in moto nella coscienza umana qualcosa di nuovo”
— Vimala Thakar
Ecco il viaggio profondo dello Yoga alla scoperta del vero senso del vivere, del vero Sè. Non si tratta di un atto puntuale di realizzazione di una meta, ma il progressivo risveglio dello sguardo di meraviglia e lucidità che illumina orizzonti freschi e che si nutre di visioni ad ampio respiro.
Invece di acquisire un bagaglio maggiore di nuove nozioni ed interpretazioni su se stessi che pesa e restringe, il viaggio yogico è invece il riconoscimento e lo sfoltimento di ciò che oscura e inibisce l’allineamento a quella immagine autentica di noi, l’unica in grado di donarci la pienezza di significato a cui aspiriamo.
Allora su quel luogo “magico” del tappetino, onoriamo la pausa dalle nostre attività quotidiane accelerate, per intraprendere il viaggio di scoperta reale di cosa ci anima e di chi siamo veramente.
Impariamo a dimorare in noi stessi, dove educhiamo la mente ad essere presente e a restare ancorata alla consapevolezza della propria natura reale e infinita, ma anche a rimanere calmi ed imparziali, senza alcun attaccamento.
Radicarsi nell’impegno disinteressato è la sfida.
Sarà paradossale, ma spesso è proprio con intenso, costante impegno e una grande dedizione a qualcosa che arriviamo a comprendere il significato dell’equilibrio e imparzialità.
Diventa così più importante della forma della postura e del contenuto reale della pratica , l’intenzione di farci portare dalla pratica stessa verso il luogo e l’esperienza di integrità e autenticità.
Il punto di partenza è che l’Asana (la posizione) non è il corpo. Il corpo è lo strumento. L’oggetto dell’Asana non è la posa, ma il modo con cui pratichiamo, il modo con cui ci approcciamo all’esperienza. È attraverso il corpo che si manifestano le cause di dolore profonde (klesha) che occorre trasformare.
Pertanto durante la pratica possiamo osservare il contenuto della nostra interiorità coltivando uno stato coscienziale imparziale e neutro capace di cogliere gli aspetti sottili delle attività della mente e dei movimenti ondivaghi delle emozioni.
Invece di misurare il successo guardando la sola realizzazione della posizione, è importante renderci conto se siamo presenti a noi stessi .
Invece di giudicare la correttezza della postura dall’aspetto esteriore, possiamo invece indagare e ricercare la posizione che ci faccia sentire più a nostro agio, più integri, più centrati e che renda onore al nostro “tempio dell’anima”, invece di forzarlo ed aggredirlo.
Iniziamo invece a misurare il successo del nostro viaggio yogico da quanto riusciamo a fare del nostro meglio con impegno (Abhyasa) e lasciare il risultato alla vita, al Divino senza alcun attaccamento, nell’equanimità (Vairaghya).
Questo tipo di approccio ci permette di avvicinarci di più alla nostra vera essenza, tirandoci fuori, poco alla volta, dalla reiterata tendenza ad essere conflittuali con noi stessi, a forzarci, ad aggredirci e giudicarci.
Lo yoga è da millenni un invito a scoprire che l’intelligenza cosmica e dell’esistenza raccoglie intorno al centro tutto ciò che occorre per nutrire e sostenere l’esperienza del vivere e del crescere. Insegna che il corpo è il luogo dove si valorizza ciò che è Sacro in modo naturale al di là del condizionamento dovuto alle idealizzazioni del pensiero che non hanno alcuna relazione con la vita.
A prescindere del metodo e delle tecniche attraverso la pratica esperienziale yogica ,ciò che arriviamo a comprendere di fondamentale, è che quasi tutto ciò che ci accade è marginale rispetto a quella forza eterna potente e sacra che ci sostiene e che permea ogni cosa.
Per questo vale la pena entrare nel viaggio… e lo Yoga è il sentiero più attuale e antico, rivoluzionario ed eterno che ci sia… (ma questa è soltanto la mia esperienza personale)