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L’Istituto Accademia Yoga ha avuto il piacere e l’onore di ospitare Swami Yogaswarupananda, Presidente della Divine Life Society, in India, uno dei più famosi e antichi ashram, fondato dal Guru Saraswati Shivananda e recentemente riconosciuto anche dal Governo indiano come Scuola di formazione e trasmissione delle discipline yogiche. Ospite da quarant’anni dei Maestri Giorgio ed Elisabetta Furlan, Swami Yogaswarupananda ha tenuto il 12 e il 13 maggio un seminario sul significato vero e profondo delle pratiche yoga. Ha spiegato passi della Bhagavad Gita e recitato mantra insieme ai presenti, portando benedizioni, luce e pace come augurio anche per il mondo intero.
Riteniamo che il suo messaggio sul significato autentico dello yoga da applicare nella vita quotidiana sia di importanza cruciale non solo per gli allievi e gli insegnanti yoga affinché rimangano centrati sul senso profondamente spirituale di questa disciplina, ma per l’umanità intera. Che tutti possano comprendere il segreto trasformatore della Scienza della Vita come lo yoga insegna da oltre 5000 anni.

BHAGAVAD GITA, UN TESTO FONDAMENTALE

Il vero yoga si può apprendere studiando a fondo la Bhagavad Gita, uno dei testi principali della spiritualità indiana, con spunti di crescita interiore universalmente validi. È composta di 18 capitoli: ogni capitolo si dedica a uno yoga e “ogni yoga non è che Brahma Vidya, la Conoscenza del Supremo”, specifica subito lo Swami. L’Opera consta di 700 versi ma: “se si riesce a cogliere appieno le prime quattro parole della Bhagavad Gita, è come aver letto l’intera opera”.

Approfondiamo questo punto.

DHARMA-KSETRE KURU-KSETRE

Le quattro parole sono dharma-ksetre kuru-ksetre. Dharma-ksetre è il campo di azione, Kuru-ksetre il campo del combattimento. Dharma-ksetre corrisponde al nostro corpo, ma non al corpo quale solitamente lo percepiamo, il vero campo d’azione è nella mente, ogni principio di azione inizia nella mente. Ma anche la mente va compresa, indagata e conosciuta in base alle sue distinte funzionalità (Manas, mente sensoriale che percepisce; Chitta, mente delle memorie inconsce e subconsce, Ahamkara, mente che afferma, ego, senso dell’io; Buddhi, mente intellettiva che discerne, la porta verso la saggezza interiore).

Pertanto, è necessario conoscere cosa siano realmente il corpo e la mente (anzi, le quattro menti). Da tale conoscenza si rende possibile il disvelamento della realtà essenziale (l’Assoluto onnipervadente) e questo è il fulcro della Sadhana del vero yoga.

La traduzione più utilizzata del termine yoga è “unione”, ma lo Swami ci propone quale spunto di riflessione un’altra “definizione”, sempre tratta dalla Bhagavad Gita:

Yoga è il superamento di tutti i limiti”.

Di quali limiti stiamo parlando? In primo luogo, di quelli derivanti da una concezione erronea della realtà, a sua volta scaturita dall’identificazione con il corpo-mente. La conoscenza, saggezza (Jnana), la chiara percezione della realtà (Vidya), la discriminazione tra ciò che è reale e ciò che è irreale (Viveka), l’auto-indagine, ricerca sulla natura del Sé (Vichara) sono pertanto le fondamenta della Sadhana yogica. Lo yoga è la via per il superamento delle limitazioni che sono comuni a tutti gli esseri umani, in quanto tutti abbiamo a che fare nella nostra vita quotidiana con sensazioni, pensieri ed emozioni, che condizionano tutte le nostre relazioni e sono causa di infelicità e di sofferenza. Il processo di purificazione che lo yoga comporta (mediante pranayama, asana, mantra e japa mala) facilita il superamento di tanti ostacoli psicologici personali e di relazione.

Quindi, tornando alle quattro parole iniziali della Bhagavad Gita, il dharma-ksetre a cui si fa riferimento, non è semplicemente un corpo grossolano quale la coscienza ordinaria comunemente lo intende (ammasso di ossa, muscoli, nervi, sangue), bensì un tempio del Divino e, come tale, bisogna accudirlo. La migliore via per tale accudimento – ribadisce lo Swami – è lo yoga: asana per mantenere la flessibilità, pranayama per la vitalità e il maggior afflusso di prana, concentrazione e meditazione per acquietare la mente e contattare così l’assoluta consapevolezza che è la nostra vera natura essenziale di Pura Coscienza (Chaitanya Svarupa).

ESERCITA IL DHARMA IN OGNI CAMPO D’AZIONE

Ecco, dunque, che le quattro parole del primo capitolo della Bhagavad Gita assumono questo significato, letterale e metaforico: “esercita il Dharma in ogni campo d’azione”.

Ci sono quattro principali campi di azione che competono all’intera umanità e sono comuni a tutte le esistenze incarnate, come già accennato, e sono: corpo, sensi, mente e intelletto. Con lo yoga è possibile arrivare a conoscere questi campi di azione, a comprenderli correttamente e così a superarli, o meglio, ad utilizzarli in maniera saggia, equilibrata ed armoniosa. Al di là della quadruplice trama illusoria (fisica, sensoriale, emotiva e intellettiva) emerge l’Ultima Realtà di chi fondamentalmente siamo (Consapevolezza pura) e che consente di agire nel mondo in maniera non egoica e personalistica, bensì emanando le qualità della Coscienza unitiva divina che è dentro di noi.

“Questo è il vero yoga – afferma Swami Yogasvarupananda – lo yoga che ti dà la pace perché se si resta nei limiti dei quattro campi ci sarà sempre piacere e dispiacere, attrazione e repulsione, si resterà sempre nei limiti della dualità. Questo insegna la Bhagavad Gita, la via dell’equanimità e dell’azione disinteressata, agire senza aspettarsi nulla in cambio, come quando respiriamo. Il respiro è il movimento spontaneo che facciamo continuamente senza rendercene conto. La verità è sotto il nostro naso! Se si ascolta il respiro, se ci si concentra sul respiro, verrà la vera meditazione, spontaneamente”.

IL RESPIRO: LA VERITA’ È SOTTO IL NOSTRO NASO

Riprendiamo l’affermazione dello Swami: “La verità è sotto il nostro naso!”.
Tale affermazione è seguita a una domanda che lo Swami ha rivolto ai presenti: “Qual è il linguaggio del Divino? Come comunica il Divino con noi? Come possiamo percepirlo?”. Silenzio, amore… Sì, ma c’è qualcosa di più concreto, esperibile e tangibile per tradurre tale comunione risanatrice che porta alla comprensione della vera essenza che abita in noi.
Questo “qualcosa” è il Prana, energia vitale, cosmica, spirituale. Scorre nel nostro corpo e possiamo percepirlo man mano che purifichiamo la mente, la quietiamo ed entriamo in contatto con il corpo energetico (Pranomayakosha – corpo vitale) e via via con i corpi più sottili (Manomayakosha – corpo mentale, Buddhimayakosha – sede dell’intelletto, Anandamayakosha – sede della beatitudine e dell’Atman l’abitante divino dentro di noi).

Il prana si origina nel respiro.

“Il prana (energia) è il rivestimento esterno della mente. La vibrazione del sottile prana psichico dà origine alla formazione del pensiero. Con il pranayama (controllo del prana o regolazione del respiro), potete accrescere l’energia mentale e sviluppare il controllo del pensiero. Questo favorirà concentrazione e meditazione, renderà la mente ferma, eliminerà il rajas e il tamas, brucerà le scorie nella mente”. (Swami Sivananda dal libro “La Mente – I suoi misteri e il suo controllo)

La mente deve essere sana per percepire in modo corretto. La respirazione, in tal senso, è fondamentale. Ci ricorda, inoltre, che dobbiamo essere più generosi e meno avari, cercando di approfondire l’espirazione che è la fase dell’abbandono e dello scambio con l’universo, mentre solitamente si tende a concentrarsi molto sulla fase della inspirazione in cui l’aria viene presa e ci si riempie di energia vitale dall’esterno. Alleniamoci a dare di più e a prendere meno! Ecco la rivelazione sottile del prolungamento della fase espiratoria contemplata in varie tecniche di pranayama.

NEL NOME DEL DIVINO

A questo atto di generosità non egoistica ci riconduce anche la Ripetizione del Nome di Dio (japa mala e mantra) perché – ci ricorda lo Swami – “è nel nome del Divino che combattiamo le nostre battaglie quotidiane”. Un altro modo per dire che l’offerta di sé al Divino (Surrender) è l’essenza del vero yoga in cui la morte dell’ego lascia emergere il senso della vera vita, la vita ispirata alle qualità divine, tutte latenti dentro di noi che aspettano solo di essere risvegliate. Tali qualità possono essere evocate, attirate, sentite e incarnate mediante la ripetizione dei mantra o dei nomi divini con questa modalità: a voce alta, poi sussurrando fino ad arrivare alla ripetizione puramente mentale e, infine, al silenzio. Questa progressione comporta la circolazione del prana e della qualità divina attirata con il mantra da un livello grossolano (cellulare, fisico) a livelli sempre più sottili che culminano nel Silenzio rivelatore in cui dovrebbe compiersi l’Unione, lidentificazione con l’Assoluto, la comprensione diretta del mahavakya (grande sentenza) delle Upanishad: “Tat Tvam Asi” (Quello sei Tu).

“Il mantra è il sapone spirituale che lava la mente!” afferma Shivananada nel testo Japa Yoga.

Il vero yoga è un fuoco che incenerisce tutte le concezioni sbagliate, i condizionamenti e le afflizioni mentali, è il fuoco della conoscenza (Brahma-jnana) di cui parla la Gita (IV-37):

Jnanagnih sarvakarmani bhasmasatkurute tatha

Il fuoco della conoscenza riduce in cenere tutte le azioni (e il falso “io”).

Ciò a cui ogni essere umano, in fondo, aspira è una cosa: la salute. Salute in sanscrito si dice svastha, parola composta da stha che significa stare e sva che vuol dire sé. Quindi la “vera salute”, inerente a una vita pienamente realizzata, è “dimorare nel Sé”. È lo stato naturale, in cui le energie del corpo sono in armonia.

Lo yoga non a caso è stato dichiarato Patrimonio Immateriale dell’Umanità dall’UNESCO: è la via per la salute, la pace, l’armonia, qualcosa di molto concreto per la vita quotidiana di ogni essere umano ed è auspicabile che la sua validità universale venga sempre più compresa, accolta e praticata seriamente da tutti.

Cecilia Martino
Istituto Accademia Yoga
The Divine Life Society (Shivananda Ashram)

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