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“Cosa si intende per sicurezza nella pratica yoga? Praticare in uno spazio sicuro e protetto non è un concetto di uso comune per questa disciplina. Si parla poco infatti di tutto ciò che riguarda “lo spazio della pratica” e la sua preparazione, intendendoli come un vero e proprio setting interno ed esterno predisponenti all’efficacia del cammino individuale, sia dal punto di vista fisico che interiore, personale, intimo. Scopriamo insieme di cosa si tratta.

Appena cominciamo a ri-esperire una connessione viscerale con i bisogni del nostro corpo, emerge una capacità nuova: quella di amarsi con calore (…) Questa maggiore cura di sé nasce spontaneamente, non come una risposta ad un “dovrebbe”. Siamo in grado di sperimentare un piacere immediato ed intrinseco nella cura di noi stessi.”
— ct. Stephen Cope – The Question of the true self –

IL PUNTO DI ACCESSO A SE’

“Sulla fede vorrei avere tutte le risposte. Ma poi mi ricordo che è meglio abitare le domande.”
— ct. Valeria Leone ‘Tu chiedi a me, io chiedo a te’ marzo 2013

La prima volta che ho sentito un vero senso di protezione durante gli anni di pratica personale dello yoga da allieva, prima di diventare insegnante, è stato quando durante un rilassamento sono stati indicati i confini dello spazio protetto in cui ci trovavamo, NOMINANDO IL TAPPETINO. In quel momento ho lasciato penetrare profondamente le parole e la guida, provando un immediato senso di sollievo e poi, sorpresa da questa sensazione, mi son chiesta se esistesse un altro spazio o momento in cui sentirsi davvero al riparo nella vita. Continuai dicendo a me stessa che forse non c’era risposta a questa domanda, ma nonostante questo volevo e avevo bisogno di credere che in quel momento lo SPAZIO SICURO fosse quello in cui mi trovavo, nella guida e nello sguardo amorevole cui mi stavo affidando.

Se davvero nel percorso di ogni praticante esiste un punto di accesso verso di sé e il proprio cammino individuale profondo, quello fu il mio.

Fino a quel giorno la pratica nel tempo era già entrata dentro di me a partire dal corpo, lavorando di volta in volta per esperire nel movimento i miei nodi fisici ed emotivi e aprendo uno spazio di rielaborazione nel quotidiano, ma non avevo ancora toccato IL PUNTO PIU’ PROFONDO E SENSIBILE PER ME: SENTIRMI AL SICURO. Quella fu la CHIAVE DI ACCESSO che mi aprì verso un percorso ancora più significativo, fu il CANCELLO, “IL GATE”, che mi permise di camminare ad un altro livello, cogliendo il fulcro delle mie difficoltà e delle mie paure.

SICUREZZA E ZONA COMFORT

Mi sono poi chiesta, che cosa mi avesse permesso di APRIRE QUESTA PORTA DENTRO DI ME. E subito il pensiero è andato al rilassamento di fine pratica, un momento di meritato riposo dopo il lavoro fisico. Lo SCARTO tra l’impegno corporeo e l’abbandono della fatica, nel sostegno del tappetino, mi ha permesso di rientrare nella ZONA COMFORT e da lì di aumentare la capacità di ascolto e la mia ricettività. In questa dimensione ho potuto ABBANDONARE L’ALLERTA abbassando le mie difese fisiche ed emotive per aprirmi in profondità. Questa apertura ha PERMESSO ALLA VOCE CHE GUIDAVA DI ENTRARE lasciando penetrare il messaggio in un ambiente in cui poterlo applicare senza rischio. Fondamentale in questo percorso è stato il RAPPORTO DI FIDUCIA CON L’INSEGNANTE, grazie alla quale mi sono sentita di potermi affidare seguendo passo dopo passo le azioni man mano suggerite. Questa apertura ha permesso che le parole ascoltate diventassero un DIALOGO CON LA MIA COSCIENZA che PRESA PER MANO fosse condotta in un cammino di consapevolezza. La fiducia nella guida e nello sguardo dell’insegnante che si sta prendendo cura dei suoi allievi, è stato per me un fattore fondamentale per sperimentare un abbandono fiducioso, nel CONTENIMENTO di uno sguardo amorevole, non giudicante, accogliente.

DAL COMFORT VERSO LO SVILUPPO

Il mio carattere diligente, docile e attivista, fino a quel momento non aveva faticato a seguire le indicazioni scrupolose e le istruzioni dell’insegnante, ma il passaggio decisivo che ha consentito di portare la mia pratica ad un altro livello, è stato SENTIRE PROFONDAMENTE DI ESSERE AL RIPARO. Un senso di protezione senza il quale, prima, raccoglievo soprattutto sollievo fisico e ricarica nervosa, ma non ancora BENEFICIO EMOTIVO. E’ stato quest’ultimo elemento che mi ha permesso di percepirmi A MIO AGIO E IN CONFIDENZA NELLA PRATICA COME PERSONA e di partire da questa solida base per evolvere man mano, uscendo dalla zona comfort verso la ZONA DI SVILUPPO PROSSIMALE: un terreno in cui sentirmi libera di sperimentare in sicurezza, protetta in una zona appena al di qua della zona di rischio, nella quale prima mi capitava di buttarmi come una guerriera, lasciando però così tracce poco durature in me del percorso fatto. Sebbene lo yoga avesse sin dal principio attecchito subito come pratica armonica e gentile verso il corpo e la mia ipersensibilità, il fattore protezione ha portato da lì in poi la mia coscienza ad un nuovo stadio.

LO SPAZIO SICURO PER FAVORIRE IL PERCORSO: IL SETTING ESTERNO

“Non esiste buono o cattivo tempo, ma solo buono o cattivo equipaggiamento”
— ct. B. Powel

La continuità e regolarità della pratica hanno lavorato in me per tanto tempo per contribuire all’evoluzione del mio percorso, ma non sarebbero stati efficaci se lo yoga per me non fosse diventato ogni volta OCCASIONE DI INCONTRO con me stessa attraverso il ritorno in UNO SPAZIO SICURO. Il luogo dello yoga e divenuto un contesto evocativo, nel. quale a partire dai sensi ritrovare ogni volta. le suggestioni che mi permettevano di calarmi all’interno.

In questo ha certamente aiutato il contesto della sala yoga e il clima creato dall’insegnante quasi come un SETTING ESTERNO capace di creare le condizioni ambientali per favorire l’ascolto, l’estinzione dello stress, il rilassamento e l’abbassamento delle difese. Condizioni immediatamente riconoscibili ai sensi e per questo divenute CONNOTATE SOGGETTIVAMENTE per me come ELEMENTI RITUALI che mi hanno aiutato a “traghettare” animo e corpo verso una dimensione alternativa al quotidiano, calandomi nella pratica: elementi ripetitivi della lezione come il saluto, frasi di accompagnamento alle posizioni così come gli ELEMENTI AMBIENTALI, l’odore dell’incenso o quello caratteristico della sala, insieme alle luci, alla temperatura dell’aria circostante, la musica, la voce dell’insegnante, la disposizione dei posti. Ma anche i SUPPORTI ALLA PRATICA hanno rappresentato un veicolo verso il senso di sicurezza: trovare l’abbigliamento adatto, comodo e ampio per agevolare i movimenti, piuttosto che aderente per sentire il corpo, vestirmi a cipolla per adeguarmi durante la lezione alla percezione del calore corporeo, il tappetino comodo diventato ben preso antiscivolo per un appoggio saldo a terra, la possibilità di praticare a piedi nudi per sentire IL RADICAMENTO ALLA TERRA, la giusta copertura per il rilassamento.

LA SCOPERTA DEL SETTING INTERNO: DAL RADICAMENTO ALL’ELEVAZIONE

“Trust the process”
— ct. Our mindset.com

Mano a mano che il setting esterno mi ha aiutato calarmi nella pratica, ho cominciato a concentrarmi di più su ciò che accadeva dentro di me fino a MAPPARE NEL CORPO E NELLA MENTE IL PROCESSO DI CONCENTRAZIONE. Prima di questo tracciamento, ero molto dipendente dal setting esterno e ogni variazione mi disturbava: l’arrivo di qualcuno in ritardo, il freddo o il caldo, una variazione di posizione, l’abbigliamento sbagliato di quel giorno, rumori o disturbi ambientali, la compilation musicale meno preferita, un cambio di insegnante, etc… In quei momenti faticavo a TROVARE LA MIA CENTRATURA perché ERO ANCORA ABITUATA AD APPIGLIARMI ALL’ESTERNO per fare il mio cammino, ancora seguivo istruzioni senza aver fissato il percorso interno cui esse portavano dentro di me. Crescendo man mano e sperimentandomi in setting differenti, ho imparato a IDENTIFICARE IL PROCESSO INTERIORE CHE ACCOMUNAVA IN ME TUTTE LE PRATICHE e a quel punto ho avuto la sorpresa di scoprire che i disturbi esterni non avevano più un impatto così grande. Così anche la porta che sbatteva al di fuori della sala yoga, altri disturbi o modificazioni del setting hanno smesso di inficiare la mia concentrazione e il lavoro su di me ha cominciato a diventare più profondo. La sorpresa è stata ancora maggiore nel vedere, poi, da insegnante, come il mantenimento della mia concentrazione nonostante le distrazioni esterne, abbia man mano favorito lo stesso processo negli allievi. La FOCALIZZAZIONE SULL’ASCOLTO DEL CORPO E DEL RESPIRO, è stata ogni volta IL PRIMO GRADINO per iniziare il cammino di elevazione dell’energia e della consapevolezza per integrare tra loro tutte le esperienze rimaste dal quotidiano che a volte faticavo a tenere o mettere insieme.

LA SORPRESA DELLA CO-REGOLAZIONE: IL TERZO SETTING

Un altro fattore che ho sperimentato favorire il cammino dello yoga è la PRATICA CONDIVISA ossia la possibilità di praticare o insegnare in un corso di gruppo. LA RELAZIONE TRA INSEGNANTE E GRUPPO costituiscono il terzo setting in cui sviluppare il percorso. LA TENUTA DELLA RELAZIONE ho visto essere l’elemento capace di favorire o mantenere la concentrazione nei momenti difficili RIPORTANDO L’ANIMO AL CONTENIMENTO E RICREANDO LA CONCENTRAZIONE. Quando il rombo di un motore esterno non distoglie più la classe dalla pratica oppure una battuta o risata comune stemperano i toni di una situazione imbarazzante come un misunderstanding durante la pratica, ho potuto sperimentare come questa compensazione reciproca funzionasse a mantenere o riportare all’ascolto. A volte in aiuto alla classe, altre volte in aiuto a me, l’apprendimento del processo di ascolto interiore appreso fino a quel momento hanno avuto un effetto di regolazione reciproca che rafforza e funge da conferma per entrambe le parti.

Elena De Donato

Filosofia, Psicopedagogia, Insegnante e formatrice Yoga 0-90, Special needs, Trauma informed e High sensitivity Yoga®️

BIBLIOGRAFIA

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