Nella mia esperienza di allieva e di insegnante, entrando sempre di più nella profondità della pratica, mi sono resa conto di quanto lo Yoga sia un vero e concreto processo di decondizionamento.
Sia che si parta dalla dimensione corporea per affrontare le perturbazione emotive, le destabilizzazioni mentali, sia che si parta dal disagio emotivo/mentale verso una migliorata stabilità e saldo radicamento nel corpo, lo Yoga è una straordinaria messa a fuoco su di sé.
Aiuta a comprendere fino a che punto si vive in balìa degli eventi, identificati nel pensiero comune, nella realtà illusoria e quanto si è lontani da sé stessi, dalla propria vera natura.
In questo senso gli Asana risvegliano la parte osservante, testimoniante del Sè e appena diviene più forte e stabile, vari aspetti dell’esperienza prima non accessibili o rifiutati, vengono portati alla luce della consapevolezza.
Pertanto nella tradizione classica, le posture rappresentano uno strumento per innalzare costantemente il livello di attenzione che è il punto di partenza per la pratica meditativa.
Infatti all’epoca di Patanjali, Asana significava posizione seduta per la meditazione, proprio per indicare come le posture coltivano il punto fermo di osservazione al centro del gioco dei processi sensoriali e mentali dualistici; il luogo immobile dal quale possiamo essere testimoni attenti delle concatenazioni di pensieri, emozioni, sensazioni, sentimenti e azioni.
Ci sono però degli ingredienti essenziali che occorre sviluppare nella pratica degli Asana.
Sono descritti in modo molto sintetico nel testo classico, pietra miliare dello yoga, “Yoga Sutra” dello stesso Patanjali:
“Le posture devono combinare insieme la stabilità e l’agio.
Ciò accade quando ogni sforzo si allenta ed emerge la fusione delle polarità, svelando che mente e infinito sono indivisibili.
Allora non si è più destabilizzati dal gioco degli opposti” (II 46-48).
È nel praticare gli Asana con questi principi che qualcosa accade nella struttura della mente e, nel creare le condizioni di equilibrio corporeo, tra impegno muscolare e rilassamento dello sforzo, si arriva ad avere una diversa padronanza dei contenuti della mente.
La capacità percettiva si purifica, si espande e la comprensione nuova della vita che scorre come energia, vibrazione dentro di noi, muta l’idea del mondo esteriore.
Si sviluppa piano piano la capacità di osservare dettagliatamente la dimensione mentale, fisica e cogliere l’idea di non essere il corpo e nemmeno la mente.
Il costante processo di autosservazione di quelle sfere porta a vederle come altro da sé e, nel vedere le modificazioni, le fluttuazioni mentali si impara a padroneggiarle.
L’attenzione diventa molto raffinata e la concentrazione inizia a essere profonda.
In questo stato di equilibrio, la mente/corpo non viene assalita dalla coppie degli opposti, come dice Patanjali.
In altre parole la mente si distacca dalla tensione delle afflizioni e si fonde con l’ infinito, il vero Sè.
Ecco allora che a partire dalla pratica degli Asana, inizia la profondità che lo yoga propone: la rivelazione di prospettive elevate, ampie, diventando un vero e proprio sentiero di evoluzione personale e sociale.