Il malefico Karma, avvolto nel suo mantello nero che è lì anche quando sbattiamo il mignolo contro lo spigolo del comodino.
Un capro espiatorio di tutti i nefasti avvenimenti che ci colgono di sorpresa.
Karman=Azione, ma non di quelle che se hai compiuto un atto di bontà resti lì in attesa di un premio.
Non funziona proprio così. Nello yoga e, trasponendolo sul piano quotidiano “Tutto si relaziona con tutto”, c’è sempre un rapporto di CAUSA – EFFETTO.
Ma c’è di più sotto a questa superficie. Se il Karma è L’EFFETTO allora i Samskara sono la CAUSA, ovvero la riproduzione di modelli neuro-muscolari latenti come dei solchi in cui scorre l’acqua seguendo il percorso più breve col minimo dispendio di energia.
In breve: le abitudini. E così ora vestiamo gli abiti di un arciere, “si ma che c’entra” dirai… aspetta, aspetta, stiamo dipanando i nodi confusi.
Dunque, nella nostra faretra abbiamo una serie di frecce (potenziali Karma impregnati di Samskara). Una volta scoccata la freccia (che non è detto che attraversi solo questa vita,
ma potrebbe provenire dal passato e proseguire nel futuro) questa non può essere più richiamata.
Il dado è tratto, diceva Cesare.
I pensieri e le azioni sono ormai in movimento. E così ci resta una sola condizione: accettare le conseguenze fisiche, emotive e sociali di azioni precedenti. Ma non ci disperiamo: le frecce che abbiamo in mano sono quelle su cui possiamo esercitare una libera scelta.
Sincronizzarsi sui nostri desideri, valori e bisogni per imparare ad essere vasti e navigare ogni mare, e scoprire tra onda e onda un porto.
Provvisorio e rischioso. Il più grande equivoco?
Pensare che tutto ciò che ci accade sia frutto solo ed esclusivamente del nostro ego.
L’arciere ha uno solo scopo: colpire il bersaglio dell’esistenza ovvero: l’esperienza del sé.
Bisogna morire per rinascere e far coincidere il sentire con l’azione ecco perché occorre scavare, scavarsi ridurre, ridursi ai minimi termini e significati.