C’è una frase nelle Upanishad che riporto spesso alla mente ogni qual volta perdo la mia direzione:
‘Tu sei ciò che è il tuo desiderio più profondo. Com’è il tuo desiderio, così è la tua intenzione. Com’è la tua intenzione, così è la tua volontà. Com’è la tua volontà, così è la tua azione. Com’è la tua azione, così è il tuo destino.”
— Brihadaramayaka Upanishad IV.4.5
E’ in quel momento che mi lascio andare al flusso della mia esistenza…
Il Karma, una legge ineludibile, universale, ed assoluta come una legge fisica, domina e definisce tutti i piani della nostra esistenza, visibile e non visibile.
Dal termine sanscrito “Karman”, propriamente inteso con il significato di ‘agire’, esso esiste solo in relazione a quella che viene definita la Legge Universale, il Dharma.
Anch’esso di origine sanscrita, tradotto nei secoli in svariati modi tra cui “legge cosmica, divina”etc., il Dharma, di cui la radice ‘dhr’ sta per “Verità”, “Giusto”, ossia la Legge Cosmica di cui parlano i primi Veda, nell’antico Induismo corrisponde a quella legge che regola la morale umana ed impedisce alla società e alla natura di finire nel caos.
Nel nostra comune accezione del termine il concetto di Karma è ciò che vincola e regola tutti gli esseri viventi ad un principio universale di ‘causa-effetto’ durante il ciclo della vita, della morte e della rinascita.
Dei principi del Karma se ne parla la prima volta nelle Upanishad, i testi sacri al Brahmanesimo risalenti al periodo compreso tra il II millennio a.C. e la metà del I d.C.: alle Upanishad si rifanno la maggior parte delle religioni orientali come l’Induismo, il Buddismo, il Gianismo etc.
Dalla “metempsicosi” (ovvero trasmigrazione delle anime) dei greci, passando per Platone, e l’idea dell’esistenza di un “Daimon“, ossia la guida che ogni anima possiede nel momento dell’incarnazione, capace di illuminare l’anima verso il proprio destino, l’idea della possibilità di reincarnazione era diffusa anche tra le tribù africane, così come in quelle dei nativi del nord America.
Al contrario dei Cristiani e della religione cattolica dove il principio karmico non è contemplato, l’esistenza del Karma fu inizialmente accettata anche dagli ebrei ed in particolare dal popolo degli Esseni.
Ma mentre in Oriente nella tradizione induista, il ciclo delle rinascite durerà fino a che l’anima non si libererà dal suo ‘debito karmico’, giungendo all’illuminazione, in Occidente, questo concetto è ridotto ad una mera idea di ‘destino’, ossia al risultato finale delle proprie azioni, come se ci fosse un Dio superiore a determinare il fato di ciascuno.
Bisognerà attendere il XIX con le rivelazioni della Società Teosofica, ed in particolare modo al contributo di Rudolf Steiner, fondatore dell’Antroposofia, il quale sostenne che ciascuno è artefice del proprio destino: Steiner ci parla di una legge di ‘Retribuzione’, e la possibilità di comprenderne il suo funzionamento come il primo passo per una vita più consapevole, ed illuminata. Secondo il pensiero steineriano come il passato, il presente ed futuro sono legati inscindibilmente, così anche il corpo l’anima e lo spirito non possono prescindere l’uno dall’altro, e attraverso il tempo e le vite rivivono le esperienze con l’unico fine di raggiungere la Perfezione. Dunque, tutto è già scritto, ma allo stesso tempo è modificabile.
Poi c’è una terza teoria, quella della fisica quantistica che pone invece la questione del Karma su un piano prettamente scientifico e propaga un’idea di ‘sincronismo’, dove le vite precedenti non sono in realtà esistenze già trascorse ma esistono su un piano parallelo, in sincronia col mondo presente.
Il Karma domina quindi tutti i piani della nostra esistenza, e in base alla morale universale, il Dharma, un essere può produrre un effetto positivo o negativo in base alle azioni prodotte in vita. E se ogni essere vivente è i risultato del Karma di miliardi di vite precedenti, l’unica via di salvezza per l’individuo di uscire dal ciclo delle rinascite è quella di raggiungere un’elevata condizione spirituale attraverso un Karma positivo, giungendo così al Nirvana ovvero l’illuminazione ultima.
Secondo una legge inesorabile di ‘causa-effetto’, non esiste nessun modo, nessuna divinità che possa annullare gli effetti di un’ azione negativa effettuata in vita, ed un Karma negativo può far rinascere un individuo nel mondo animale, o demoniaco; al contrario un Karma positivo, può condurre alla riascita in un mondo spiritualmente elevato, un mondo divino, o comunque su un piano superiore.
Naturalmente il termine Karma fu alterato di significato nel tempo e soprattutto nella religione buddista, alcuni uomini religiosi al potere, usarono il Karma per controllare i propri fedeli, seguendo l’erronea idea diffusa che solo i sacerdoti potessero estinguere il debito karmico e strumentalizzando in questo modo i fedeli: paradigmatico è il caso della religione brahamanica in India, dove l’ordinamento castale assicurava la totale supremazia ai sacerdoti(brahmani).
Questo concetto erroneo di un karma fatale ed immobilizzante venne completamente ribaltato dal monaco buddista Daishonin nel XIII secolo, il quale affermò che il Karma è qualcosa di reversibile. L’Umanesimo di Daishonin espone un concetto che rovescia ogni credo e conferisce all’essere umano la possibilità di redimersi da un Karma negativo attraverso lo sviluppo personale interiore.
SVASHISTHANA, DOVE DIMORA IL KARMA
Ma dove risiede esattamente il Karma nel nostro corpo al momento della reincarnazione?
“Svashisthana” in sanscrito potrebbe essere tradotto come “la dimora di se stessi”, e fa riferimento al secondo chakra come la sede dove hanno origine i nostri desideri, aspirazioni ed impulsi.
Come sappiamo il secondo chakra è localizzato appena sotto l’ombelico del corpo umano, ossia nella parte inferiore dell’addome, ove risiedono anche gli organi riproduttivi: ad esso è associato il colore arancione, ed essendo connesso alla lingua e quindi al senso del gusto, è immancabilmente coinvolto nella sensazione di piacere, l’alimentazione nonché nella sessualità.
E’ proprio qui che è ‘incastrato’ il nostro Karma delle vite passate, e non a caso proprio a Svashisthana è associato al ciclo vitale e al suo ruolo nella riproduzione.
Secondo le tecniche dello Yoga, questo chakra se ‘stimolato’, attivato attraverso gli asana, faciliterebbe l’attuazione del nostro Karma, inducendoci a realizzare ciò che è scritto nel nostro passato.
Per la sua vicinanza ai reni così come agli organi sessuali, questo chakra è spesso associato all’elemento dell’acqua, e quindi alla sua capacità di fluire, adattarsi e modificarsi, così come alla luna, collegata a sua volta all’inconscio, l’invisibile ed il misterioso.
KARMA ED EPIGENETICA
Ultimamente si parla tanto di Epigenetica, ossia una serie di modificazioni del materiale genetico che muta, senza cambiare i geni stessi, il modo in cui i nostri geni vengono ‘accesi o ‘spenti’. Dal greco ‘epi-‘ che vuol dire ‘sopra’ o ‘esterno’, è più propriamente lo studio delle relazioni ambientali e dei fenomeni che agiscono direttamente sul DNA, con l’attivazione e la disattivazione dei geni. Quindi secondo alcuni studi scientifici, il nostro stile di vita, l’alimentazione, l’attività fisica, al contrario l’assunzione di farmaci, l’inquinamento, le situazioni di stress possono influenzare ‘epigeneticamente’ l’espressione dei nostri geni, e quindi il nostro DNA.
Il concetto di epigenetica potrebbe essere espresso come ‘fucina’ del nostro Karma individuale, dove il nostro codice genetico non è più un ‘destino obbligatorio’, ma fa delle nostre azioni ed i nostri pensieri, effettivi artefici di effetti psicodinamici nonché spirituali.
Esistono dunque ‘terapie’ dell’anima come la meditazione, lo yoga, l’alimentazione sana che possono influire ‘epigeneticamente’ sulla nostra salute e quindi sul nostro destino corporale e spirituale. Una modificazione epigenetica, infatti, indotta da un comportamento appreso o da fattori ambientali, può essere infatti ereditata e manifestarsi nelle generazioni successive.
In definitiva, sulla questione del Karma, possiamo riassumere che la reincarnazione non è altro che una nuova ed enorme opportunità di vita. E’ proprio per avere un’ulteriore possibilità di crescita, infatti, che non ricordiamo nulla della nostre vite precedenti: l’anima custodisce dentro se stessa ciò che ha imparato, e anche se non ricorda eventi e passaggi, manifesta la sua ‘conoscenza’, il suo ‘sapere’ attraverso mille intuizioni, aspirazioni, consapevolezze e percezioni sottili, evitandoci di ripetere gli stessi errori all’infinito e facendoci progredire nella scala evolutiva dell’esistenza.