Photo by Enrico Procentese
M B S R, quattro lettere dense di significato. Il programma Mindfulness Based Stress Reduction, il protocollo clinico ideato da Jon Kabat-Zinn, attuato nel 1979 e oggi diffuso in tutto il mondo, si struttura in 8 incontri, con frequenza settimanale, per una durata di 2 mesi. Prevede momenti di pratica formale e informale, di esplorazione, di condivisione e di discussione. Si basa sull’apprendimento esperienziale e prevede una dimensione di gruppo e un percorso personale di esercizi di meditazione individuale. Aiuta a sviluppare la consapevolezza del momento presente e delle interazioni corpo-mente, focalizzando l’attenzione sul qui e ora in modi sistematici, senza giudizio, sempre con la mente del principiante e disinnescando il pilota automatico.
Fondamentale è il ruolo del trainer che in ciascun incontro deve assicurare l’adeguatezza dei contenuti e predisporre per tempo sia l’ambiente che il materiale didattico. Al tempo stesso deve garantire un ambiente eterogeneo dei partecipanti, valorizzando le diversità. Altrettanto fondamentali sono la motivazione, l’impegno e l’autodisciplina di ciascun partecipante. Prima di entrare nel vivo, è bene sempre ricordare i pilastri della Mindfulness: non giudizio, pazienza, mente del principiante, fiducia, mancanza di obiettivi, accettazione, lasciar andare.
I primi minuti sono dedicati alla condivisione sulla pratica della settimana appena trascorsa. S’introduce quindi il focus dell’incontro, innescando una discussione attiva e consapevole, che può essere sollecitata attraverso alcune domande aperte. Per esempio: “Come rispondiamo allo stress, rispetto alla natura mutevole della vita, ai diversi eventi che ci propone e alle percezioni che ne traiamo? Forniamo risposte o reazioni?”
Un quesito che ci chiama in causa tutti, ma per fortuna qualche assist ce lo dà la Mindfulness. Ci eserciteremo, quindi, a fare nostre le qualità di stabilità della montagna di fronte alla universalità degli eventi e a sviluppare sempre di più la consapevolezza del presente attraverso la connessione mente-corpo, cogliendo le sensazioni e i sentimenti sul nascere, prima che diventino una valanga emotiva.
La Meditazione della Montagna è una pratica formale che aiuta a introiettare le qualità di forza e stabilità della montagna per non lasciarci sopraffare dalla natura mutevole della vita e affrontare ogni momento e ogni evento con consapevolezza, equanimità e chiarezza. Una stabilità che accoglie e contiene tutti i cambiamenti e che possiamo richiamare in qualunque momento. I nostri stati d’animo, le sensazioni, i pensieri e le esperienze modellano il modo in cui vediamo il mondo. La consapevolezza del momento presente, dei nostri pensieri, sentimenti e sensazioni immediati ci permette di rispondere in modo efficace alle situazioni, piuttosto che reagire applicando degli automatismi. Possiamo così controllare la reazione emotiva automatica, perché non diventi una valanga di emozioni (il piacere può rapidamente trasformarsi in desiderio, l’avversione in risentimento).
Indicazioni per la pratica:
- Assumiamo una posizione seduta, comoda e stabile, la schiena dritta ma non rigida, le spalle ben distanti dalle orecchie, le mani sulle cosce o incrociate sul grembo.
- Chiudiamo gli occhi e portiamo la nostra attenzione sul respiro, senza dirigerlo o forzarlo. Sentiamo in quale parte del corpo si concentra, osserviamo il suo viaggio dall’addome al torace fino alle clavicole, durante l’inspirazione e in senso contrario quando espiriamo.
- Creiamo nella mente l’immagine della montagna più bella e manteniamo questa immagine. Osserviamo tutte le sue caratteristiche e qualità: la forma, i versanti, i colori, la solidità, l’immobilità, i boschi, i ruscelli, gli altipiani, le cime, le vette.
- Avviciniamoci sempre di più e diventiamo la montagna: la testa è la vetta, le braccia i versanti, le natiche la base. Percepiamo il senso di elevazione lungo la colonna vertebrale.
- Assimiliamola, siamo una montagna che respira: luci, ombre, giorno, notte, colori, eventi atmosferici, stagioni si susseguono. Ma la montagna non cambia, impassibile di fronte agli eventi che si manifestano. Una stabilità che potremo recuperare in ogni momento.
- Se subentrano i pensieri limitiamoci a notarli, considerandoli semplici fenomeni mentali. Senza giudizio. Riconosciamoli, insieme alle sensazioni e alle emozioni che suscitano in noi, fin quando non scompaiono. Ancoriamoci al respiro, la nostra ancora, scegliendo consapevolmente il qui e ora.
Facciamo seguire la pratica da un momento di condivisione in cui i partecipanti possono scambiare e condividere le loro impressioni sui sentimenti e sulle sensazioni suscitate dalla meditazione della montagna, sia fisiche che sensoriali ed emotive, e rivolgere eventuali domande, curiosità o richieste di approfondimento al trainer.
La pratica continua a casa, ogni giorno, fino all’incontro successivo. Ci sediamo sul fondo dell’anima e ritroviamo la vetta, i versanti, la base. “Io sono la montagna”.