Spesso, durante un percorso come lo Yoga, si vive un momento in cui si è chiamati ad attraversare una rinascita.
Ad un certo punto del cammino si ha bisogno di “cambiar pelle” per accogliere una nuova vibrazione, una nuova forma che manifesta i nostri cambiamenti.
Ma, molto spesso, si vorrebbe evolvere senza lasciare andare nulla di noi, delle nostre certezze, convinzioni o semplicemente senza sacrificare qualcosa lungo la strada.
Se osserviamo la natura o alcuni processi alchemici ci accorgiamo che la morte, che porta con sé la putrefazione, è indispensabile per creare nuova vita: “morte” e “putrefazione”non devono essere per forza intesi come processi legati al corpo, ma possono essere interpretati anche in senso metaforico.
La terra è un simbolo fondamentale nella rinascita.
In questo alchimia e Yoga hanno molti punti in comune.
L’alchimista scava la terra.
Scavare la terra rappresenta il primo stadio del processo alchemico.
La terra simboleggia il corpo.
Quindi, scavare la terra, simboleggia la penetrazione e la conoscenza del proprio corpo e di conseguenza del proprio sé interiore.
Non a caso gli asana ci aiutano in questa discesa o come direbbero gli alchimisti in questo “regressus ad uterum”.
Ma la rinascita attraverso l’elemento terra richiede un processo specifico: la putrefazione.
La putrefazione ha la capacità di distruggere la vecchia natura e forma di ciò che si sta decomponendo, fino a dar vita a qualcosa di completamente nuovo.
Ed essa ha bisogno di due elementi ben precisi: il fuoco e l’aria.
Anche nella nostra pratica di asana questi elementi rivestono un ruolo fondamentale.
Calore e movimento che, come vento che soffia sul fuoco ne aumenta la temperatura, sono presupposti indispensabili al cambiamento. Ma ciò che deve effettivamente morire per permettere la rinascita sono tutti quegli elementi di noi stessi che ci solidificano nella nostra forma attuale.
In natura, dopo la stasi dell’inverno segue la rinascita della primavera. L’inverno che simboleggia il momento in cui osservare ciò che siamo deve essere poi scosso da temperature più alte, che sciolgono la neve (che tutto fa rimanere inalterato), portando nuove forme e colori (diversi dal bianco che per qualche mese ha reso tutto fermo).
Per dar il via a questo processo di trasformazione dobbiamo sacrificare tutto quello che l’inverno crea in noi: dobbiamo uscire dal letargo.
Invece, molte persone, pensano che nel letargo, nella stasi, nella fossilizzazione di chi siamo possa avvenire la rinascita. Finché la neve non si scioglierà, permettendo a ciò che c’è sotto di manifestarsi, finché nuovi elementi non permetteranno a ciò che ormai è morto di “tornare in vita” con una diversa forma, nulla cambierà.
L’attraversamento di questo valico potrà realizzarsi solo nel caso in cui a guidarci non sarà la mente, la nostra parte razionale, i nostri schemi e le nostre false sicurezze. Si dovrà dar vita a una vera e propria rivoluzione in noi.
Perché ogni rivoluzione porta al cambiamento.
Ma senza sporcarsi le mani nella terra e dar vita all’inizio del processo, nulla potrà mai cambiare.
La rinascita sta proprio nell’alchimia della vita che ogni momento crea nuovi percorsi, costruisce e integra, accarezza dall’interno.