È importante partire dal presupposto che non esista uno yoga unico, uno yoga autentico, egemonico che confuti gli altri. La storia dello yoga, come l’ha studiata Mark Singleton, PHD studioso di yoga, è una storia dinamica di innumerevoli cambiamenti e innovazioni (nonostante in India molti parlino di uno yoga eterno e rivelato).
Quindi alcune persone vedranno lo yoga posturale moderno o lo yoga globalizzato solo come una nuova fase nell’evoluzione dello yoga. Lo stesso primo ministro Nehru, qualche decennio fa, dichiarò che lo yoga doveva ricorrere alla scienza per evolversi.
La verità è che:
- E’ stato tramandato per millenni oralmente, quindi è ovvio che si siano formate correnti e differenze
- Nel XX secolo in particolare ci sono stati grandi guru che, pur venendo da una matrice comune (Krishnamacharya, 1888-1989 e notiamo che è mancato a 101 anni), si sono evoluti in stili molto diversi tra loro (l’Iyengar di BSK Iyengar, 1918-2014 , l’Ashtanga di Patthabi Jois, 1915-2009, anch’essi quasi centenari). Nello stesso periodo fiorisce il metodo Satyananda, poco conosciuto da noi ma estremamente completo perché include i sistemi classici di Hata Yoga, Raja, Karma, Bhakti, Jnana, Mantra, Kryia, Kundalini ed altre branche dello Yoga basate sulle antiche tradizioni.
L’Hatha Yoga Project di James Mallinson e Mark Singleton, in tempi recenti, ha prodotto una serie di studi etnografici e testi accademici che permettono di comprendere sia la storia dello yoga che il suo panorama contemporaneo. Mallinson è una figura estremamente interessante, perché oltre a ottenere il dottorato in sanscrito all’Università di Oxford, è stato iniziato alla scuola Ramanandi Tyagis e ha vissuto con asceti in India per alcuni anni.
Le prime menzioni di yoga che si avvicinano alla nostra attuale comprensione del termine si trovano nel Mahabharata (in precedenza, ovviamente, il termine è usato, ma non con la stessa connotazione di disciplina spirituale). Nella grande epopea indiana si parla di yoga come di una serie di tecniche che portano all’unione con la divinità o allo stato di liberazione (moksha).
Poco dopo, ma datare i testi indiani risulta molto difficile a causa della circolarità della concezione del tempo, abbiamo il primo grande testo dello yoga, talvolta chiamato yoga classico, gli Yoga sutra di Patanjali, testo da cui deriva la pratica conosciuta in Occidente come ashtanga-yoga (lo yoga delle otto membra).
Lo yoga di Patanjali ha come precondizione la pratica di yama e niyama quindi dei bellissimi principi etici, una sorta di pulizia dell’anima che deve precedere la pratica delle asana.
A mio modesto parere, lo yoga anche solo delle asana è un tale potente strumento di pulizia corporale ed elevazione spirituale che io penso si possano lasciare avvicinare tutti a questa bellissima disciplina, anche chi inizialmente non ha nessuna intenzione di intraprendere un cammino filosofico-etico-spirituale. “Lasciate che vengano a me” diceva Gesù Cristo. Personalmente, sono cambiata talmente tanto attraverso lo yoga e ho iniziato per motivi così futili (il benessere fisico, lo stare con le amiche) che sono sicura la stessa cosa possa succedere a tutti, che un giorno sei tu a vivere gli Yama e i Niyama senza quasi renderti conto del processo incredibile che hai fatto.
“La pratica di Yoga risveglia la consapevolezza e canalizza le forze auto – terapeutiche del corpo, della mente, delle emozioni e dello spirito.” Bellissima definizione della maestra Francesca Marchi, come me certificata nel metodo Satyananda.
Un’ultima considerazione: a volte trovo puerile quanto gli occidentali entrino nel dettaglio di come una postura vada eseguita. Un esempio per tutti: Virabhadrasana. Pensate veramente che 5.000 anni fa praticassero così tanti guerrieri? E il guerriero I e il II e il piede a terra dritto, girato, sollevato… ecc.
Quello che voglio dire è che sono tutte varianti. Come il cane a testa in su. La posizione di base è il cobra, poi adattato, molto giustamente, alla schiena degli occidentali che nella maggior parte dei casi non reggono un inarcamento così profondo. E’ anche giusto cercare di adattare la pratica credo. In fondo la finalità non è l’asana in sé ma ciò che la posizione determina nel corpo, nella mente, nell’anima.
La verità è che lo yoga classico non supera le trenta posizioni, per questo a me piace rimanere nei binari di poche posizioni molto antiche e molto efficaci. Magari ai più sembreranno lezioni meno dinamiche o varie di altre, ma ne conosco per certo la valenza evolutiva e sul corpo. L’ho osservata in me e in tutti gli allievi che ho avuto dal 2015, anno della mia prima certificazione. Ho osservato come ognuno di noi si voglia più bene, si senta più connesso agli altri e positivo, in qualche modo stia portando luce in questo mondo.
Per cui non eliminerò mai dalla mia pratica asana semplici e potentissime come il gatto e la tigre. Condite magari, sempre per restare in tema di Kriya, da qualche bella Mayurasana.
Buona pratica a tutti! Come diceva Patthabi Jois: “Pratica, pratica, pratica e tutto arriverà”.
Complimenti Lorenza per il magnifico articolo… che condivido appieno.. il vero senso dello Yoga lo si scopre nel “suo percorso’… e non nella perfezione dell’esecuzione…
La frase di Gesù… fantastica…
Grazie Vito! Felicissima ti sia piaciuto 🙂
Credo che nessuno di noi anche se ateo o induista o chi per esso non possa riconoscere in Gesù tanti grandissimi messaggi e insegnamenti.