Cosa ci riserva il futuro per lo Yoga?
Io spero nulla.
Lo Yoga ha parecchi anni, troppi.
Nonostante l’età questo Darshan (scuola di pensiero filosofico ortodosso) è un sistema raffinato di vita che si difende bene nel tempo, adattandosi al contesto, bisogni e personalità del genere umano, che sono innegabilmente cambiate nel corso dei secoli.
L’essere umano, come ogni membro del regno degli animali, è un organismo che si “piega” alla legge dell’evoluzione.
Proprio come un organismo anche lo Yoga si è evoluto.
L’evoluzione non è, tuttavia, sempre qualcosa di positivo. Sia per lo Yoga che per l’essere umano.
Osserviamo una razza che conosciamo bene: l’uomo. Evolvendosi, ha creato cose meravigliose ma anche altre che sono alla base di malesseri contemporanei come, ne annovero alcuni, l’ansia, lo stress, gli attacchi di panico, un senso di profonda solitudine, ecc. Quindi non credo che l’evoluzione sia sempre qualcosa di positivo, specialmente se non in armonia con la Natura, quella con la N maiuscola, che regola con il suo scorrere il bioritmo vitale di qualsiasi cosa goda di vita sul nostro pianeta: e l’uomo di sicuro non fa eccezione (anche se ingenuamente pensa il contrario).
La stessa sorte è toccata allo Yoga: scambiare la sua versatilità con il “facciamolo aderire al Marketing” è stato il vero intoppo lungo il suo cammino evolutivo.
Con l’avvento delle nuove tecnologie è innegabile che lo Yoga abbia goduto di una cassa di risonanza mediatica eccezionale: essendo un sistema che allevia (nella stragrande maggioranza dei casi) ansia e stress, ritengo che il metodo di diffusione della disciplina sia stata una buona cosa. Ha portato moltissime persone a conoscere la parola Yoga nella propria vita.
Altro discorso, invece, è stato strumentalizzare una parte del sistema yogico proponendola come “tutta la pratica”: scambiare una parte per il tutto, in parole povere.
Sento persone che, quando un praticante medita o respira con Pranayama, esclama: “ah, ma quindi tu non pratichi Yoga!”.
Essendo un sistema, in quanto tale, lo Yoga è composto da svariate componenti. I testi della tradizione, quelli noiosi, sì, aiutano a far comprendere quanto nel presente siano lasciate e tralasciate, volontariamente o involontariamente, parti importantissime della pratica yogica.
Grandi esclusi dal presente sono Yama e Nyama, codici comportamentali e sociali che, considerando le milioni di persone che praticano Yoga, se fossero compresi e praticati, renderebbero il mondo 100 volte migliore rispetto a ciò che osserviamo attualmente.
Così tanti praticanti e così pochi risultati: nel presente, quindi, cosa sta accadendo allo Yoga?
Bellissima la frase: lo Yoga è 99% pratica.
Benissimo.
Oltre al fatto che quell’1% di teoria è preziosissimo, ricordiamoci che la pratica è composta da: Yama – Nyama | Asana | Pranayama | Pratyhahara | Dharana | Dhyana | Samadhi. Per non parlare del Karma Yoga, Bhakti Yoga, Nada Yoga e chi più ne ha più ne metta.
Dovrebbe esser preciso compito di un insegnante di Yoga prospettare il ventaglio di pratiche ai propri allievi inserendo queste parti furbescamente all’interno della lezione.
E’ possibile anche con gli Asana inserire l’addestramento della mente al momento presente: allenamento che tornerà utile nel momento in cui bisognerà sedersi per capire come funziona la mente, i pensieri e cosa si cela negli strati più profondi di noi stessi, così bui da dover esser illuminati con la luce della conoscenza che come una “zattera” ci trasporta verso aree più “luminose” di noi stessi.
Questo processo avviene anche nella vita di tutti i giorni. Se, ad esempio, la mente è presente a sé stessa, anziché mandare a quel paese chi ci taglia la strada, ci faremo una risata e non tortureremo i nostri amici raccontando per 2 ore di fila quanto si è stati colpiti dall’ingiustizia dell’Universo nei nostri confronti.
Cosa ci riserva il futuro per lo Yoga?
Io spero nulla: lo Yoga è perfetto così com’è.
Praticare, e leggere i testi della tradizione, per credere.