Si è da poco conclusa la settimana dedicata alla giornata mondiale dello Yoga, in cui tantissime iniziative hanno preso finalmente vita nelle città italiane dopo la pandemia da Covid-19. A tali eventi hanno partecipato circa 250 associazioni, centri yoga, scuole, templi, ed è proprio in questa occasione che l’Unione Induista Italiana, lo scorso sabato 19 giugno, ha organizzato una lezione di yoga outdoor a Roma, più precisamente a Castel Sant’Angelo. Giornate ricche di iniziative con la tematica del “benessere” al centro di tutto.
In sintonia con l’insegnamento dello yoga si è portata avanti la campagna “Semina, cresci, fiorisci, matura”, che ha previsto l’omaggio di piantine a tutti i partecipanti.
Protagonista di un altro evento tenutosi a Piazza del Fante nella stessa città lo scorso lunedì 21 giugno, è stato il dono di un albero di Neem, esemplare sacro appartenente ad una specie antichissima dell’India e della Birmania, a cui è stata affissa una targa per celebrare la VII Giornata mondiale dello yoga. Prendersi cura di una pianta, nutrirla e farla crescere è un inno alla vita, come lo è lo yoga in ogni sua forma.
Nei movimenti indiani il termine yoga viene utilizzato per indicare una disciplina di meditazione insegnata dal maestro al discepolo, che può essere declinata in varie forme. Lo scopo è permettere agli uomini di liberarsi dai limiti della natura materiale distaccando lo spirito da essa attraverso diversi strumenti, quali la meditazione, la respirazione e gli esercizi. Lo yoga infatti, racchiudendo pratiche fisiche e meditative, è considerata non tanto un’attività fisica, quanto una disciplina di vita. L’influenza di questa attività sulla società indiana è cresciuta a tal punto da essere stata inserita nei patrimoni dell’Umanità dall’UNESCO nel 2016. I benefici che trae chi pratica yoga regolarmente sono molteplici: riduce lo stress e migliora la forza fisica e la flessibilità del corpo, indipendentemente dall’età.
Non sempre però lo yoga è stato visto così: inizialmente in India gli unici aspetti che venivano considerati erano quelli spirituali, ma già all’inizio del ‘900 si iniziò a dare importanza alla forma fisica e ai cambiamenti positivi che lo yoga può portare al nostro corpo, adattandosi pian piano anche alle necessità occidentali, inevitabilmente diverse per via di una diversa cultura.
Con il movimento hippie degli anni ’60 lo yoga raggiunse l’Europa e l’America rappresentando la ricerca di un determinato stile di vita più filosofico. Veniva praticato in casa, ma si rafforzò successivamente negli anni ’70 e ’80 con la costruzione di scuole dedicate alla disciplina.
Oggi lo yoga è una vera e propria tendenza che ha preso piede nella vita di oltre 2,5milioni di italiani che lo praticano in autonomia o nelle 2mila strutture di tutta Italia che lo insegnano. Tale disciplina nel nostro paese rappresenta un modo per evadere dalla routine, ormai frenetica, che caratterizza le nostre vite. Una meditazione che oggi prende il nome di mindfullness, priva della parte spirituale, ma che allieva la tensione, calma la mente e migliora la qualità del sonno.
Questa attività è strettamente correlata con l’induismo, per il quale yoga significa unione con Dio, unione tra il corpo, l’anima e lo spirito.
L’induismo è un mezzo completo attraverso il quale è possibile informarsi su più campi – medico, matematico, astronomico, architettonico, psicologico, filosofico e linguistico – oltre che fornirci una conoscenza della nostra natura.
Diventata mondiale, l’induismo ormai è la terza religione più praticata al mondo. A differenza delle altre principali che conosciamo, come il cristianesimo e l’islam, la fondazione non viene associata ad una singola figura, ma a tanti saggi dell’antichità indiana detti Rishi o cantori ispirati degli inni che ne sono alla base.
Ma è banale ridurre l’induismo ad una mera religione: essa piuttosto rappresenta una vera e propria cultura, uno stile di vita, una ricerca della salvezza in cui il conforto è dato dalla preghiera e dallo yoga, tanto da influenzare l’identità e le scelte di chi la pratica.
Arriviamo così al 1996, anno in cui nasce l’Unione Induista Italiana, associazione volta a tutelare l’induismo, fondata dalla guida spirituale Paramahamsa Svami Yogananda Giri, poiché l’esigenza dei gruppi induisti sparsi in tutta Italia di unirsi e condividere valori comuni era sempre più forte.
Nel tempo l’UII ha realizzato tantissime iniziative, come la fondazione di monasteri e templi, la partecipazione a convegni e la collaborazione con Accademie Italiane.
Tra le varie figure che compongono l’Unione Induista Italiana, spicca sicuramente quella di Shuddananda: una giovane donna del ’79 che fin da piccola ha avuto un’attrazione per l’India che si è concretizzata più avanti con l’incontro di una sua compagna di classe italo-indiana. Da lì ha approfondito gli aspetti più culturali e filosofici dell’induismo. La conversione arriva all’età di 18 anni – segnata dal cambio del nome con il rituale del namakarana. In particolar modo la pratica dello yoga e della danza indiana l’hanno spinta verso il cambiamento. Nel 2003 si traferisce in un monastero induista fino a diventare monaca indù nel 2009. Ha approfondito questo interesse non solo nei suoi studi universitari, ma anche nella sua esperienza personale, dedicandosi alla realizzazione dei più alti scopi spirituali, trasformando radicalmente ogni aspetto della sua vita.
Non può esserci induismo senza yoga e yoga senza induismo! Lo scopo dello yoga così come dell’induismo è realizzare la propria reale Natura; è realizzare mukti, la libertà”.
È così che Paramahamsa Svami Yogananda Ghiri, fondatore dell’Unione induista italiana e guida spirituale del Matha Gitananda Ashrama, descrive questo forte legame.
Lucrezia Piscolla, UII