Che differenza c’è tra un metodo e un altro?
Mi sono interrogata a lungo su questo quesito poiché è uno dei quesiti che solitamente le persone che iniziano un percorso di yoga si pongono. Come insegnante, dovrei cercare di rispondere nel modo più oggettivo possibile: del resto le differenze tra i metodi di yoga ci sono e sono piuttosto palpabili.
Tuttavia cerco sempre di tenermi alla larga da risposte ‘definitive’.
Odaka Yoga ci insegna il mutamento come principale regola della vita (e della pratica): a volte penso quindi che la risposta a: «Che differenza c’è tra un metodo e l’altro?», dovrebbe essere un altro quesito: «Come ti senti in questo momento?».
Ogni metodo rispecchia una parte di noi, in questo momento, in questo spazio. E potremo essere in una condizione diversa il giorno dopo, pur essendo sempre noi.
Devo ammettere, tuttavia, che questi concetti li ho appresi – per quanto già insiti in me – con lo studio approfondito di Odaka, metodo che basa i propri movimenti nel riprendere e adattare al corpo la fluidità dell’acqua, quell’elemento di cui siamo costituiti per la maggior parte, capace di assumere forme diverse pur rimanendo la stessa nella sostanza. Se siamo costituiti principalmente d’acqua, significa che questa caratterista della fluidità, della perpetua trasformazione è già insita dentro di noi sin dall’inizio. Per questo Odaka è, più di tutti, il metodo che mi ha permesso di RI-connettermi con la sorgente di me stessa, nella naturalità di quello che sono. Tutti movimenti di Odaka sono movimenti che il nostro corpo conosce, fanno parte della nostra memoria ancestrale: avvengono, per così dire, senza avvenire, nella piena fusione di noi stessi.
Amo Odaka e insegno Odaka, ma questo non mi impedisce di fermarmi a questa versione di me.
E’ vero, sarebbe innegabile dire che tra un metodo come Odaka e un metodo come Ashtanga non ci siano differenze: le differenze sono evidenti. Ma questo non significa che entrambe le strade non ci possano insegnare cose importanti per la nostra ‘illuminazione’. Lo yoga è un bellissimo viaggio a ritroso che ci conduce all’essenza più profonda e più naturale di noi stessi: come compiamo questo viaggio dipende dalle nostre condizioni, le quali sono in continuo mutamento. Non rimanete fissati entro dei limiti: esplorate. Non identificatevi in un’unica versione di Voi Stessi. Voi siete molto di più, siete il Tutto. Ed essendo il Tutto siete in realtà tutti gli stili di yoga che si praticano su questa Terra.
L’Ego, da cui lo yoga cerca di dissuaderci, ci porta spesso a identificarci: siamo questo e solo questo e nient’altro. Siamo solo la faccia bianca della medaglia e consideriamo la faccia bianca della medaglia come qualcosa di giusto. Ma questo accade solo perchè ignoriamo la nostra vera Essenza: per la verità siamo sia la faccia bianca che la faccia nera della medaglia. E in questo siamo il Tutto.
Secondo i principi taoisti che hanno contribuito allo sviluppo dello Zen da cui Odaka trae buona parte delle sue fondamenta, per la verità il concetto di differente non è altro che l’altra parte della totalità, dell’essere uguale. Questo è vero in quanto non sapremo distinguere un concetto senza l’altro (sapreste dire cos’è diverso se non poteste paragonarlo a qualcos’altro?), pertanto essi non possono esistere senza essere associati e uniti.
Ogni tanto faccio praticare ai miei studenti di Odaka un metodo diverso semplicemente perchè imparino a non identificarsi troppo in una versione di se stessi piuttosto che in un’altra. Cerco di insegnare loro che possono essere, anzi sono, entrambe le cose, entrambi i metodi poiché ogni metodo, per la verità, racconta loro qualcosa in più della persona che sono.
E questo è vero nella misura in cui ognuno ha la libertà di guardarsi con sguardo critico e consapevole, osservando i propri cambiamenti sul tappetino per portarli poi alla vita di tutti i giorni. Del resto, che senso ha fermarsi sul tappetino? Che senso hanno tutte queste forme che assumiamo con il corpo se poi non ci insegnano ad affrontare con coscienza la nostra vita quotidiana? Entrare dentro se stessi significa anche sapersi portare fuori. Per la stessa ragione per cui l’Uno comprende il Tutto e il Tutto l’Uno.
In Odaka lavoriamo molto sulla mente immobile, un concetto tanto caro allo Zen. Ebbene, una mente immobile è una mente dove il pensiero è in flusso. La mente è fatta per pensare e quindi pensa, la cosa importante è che non si fissi. Se si fissa c’è caos, se rimane fluida resta immobile. Incredibile vero?
Sperimentate, esplorate. Odaka è un metodo che perde la sua essenza se cercato di essere racchiuso nelle forme delle parole e del nostro linguaggio comune.
Cercate un insegnante vicino a voi e provatelo.
Il mio consiglio più spassionato rimane sempre lo stesso: non fermatevi a un’unica versione di Voi Stessi.