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Tempo di lettura:3 minuti, 14 secondi

Quando si pensa allo Yoga si pensa ad una disciplina adatta a tutti, profondamente benefica e così dovrebbe essere, questo non avviene quando l’approccio alla disciplina è dettato dall’ego o dalla competizione.

Il problema degli ultimi anni è che lo yoga è si, diventato veramente di tutti, ma senza grande approfondimento e quindi chi inizia a volte si affida ad insegnanti “principianti” e quindi, come diceva Swami Sivananda, “immaginate un cieco che si fa guidare da un altro cieco”: il corpo ha bisogno dei suoi tempi e va rispettato durante la pratica.

Durante le mie classi di gruppo multilivello molto spesso i principianti non hanno voglia di fermarsi alla posizione basica ma vogliono arrivare subito all’apice della posizione più avanzata. Molti arrivano da me dopo essersi fatti male praticando yoga dinamico e chiedendomi come rimediare, rispondo quasi sempre che è molto positivo che si siano accorti che è arrivato il momento di approfondire con consapevolezza.

Quando insegno Forrest Yoga, molti si avvicinano per curiosità, per “provare” e a fine lezione mi chiedono “perché si chiama così?”. Quando spiego che si chiama così perché prende il nome dalla sua fondatrice nonché mia maestra Ana Tiger Forrest, rimangono sorpresi nello scoprire che nulla c’entra la foresta.

Ma che cos’è il Forrest Yoga?

È lo yoga per tutti.

Non richiede flessibilità, la forza la si trova dentro, tutti siamo forti, dobbiamo solo imparare a trovare quel che serve dentro di noi, imparare ad ascoltarci in modo autentico, a sentire il nostro corpo e a rispondere onestamente a quello che si risveglia all’interno.

Viene praticato solitamente in una sala riscaldata, questo per permettere al corpo di ammorbidirsi più facilmente e aiutare il rilascio delle tossine.

Si lavora intensamente, perché le posizioni vengono tenute a lungo. Si resta, non si scappa e ci si trova a confrontarsi con i limiti del corpo e soprattutto con la nostra mente e con i suoi luoghi scomodi.

Questi luoghi scomodi sono quelli su cui si lavora: la paura, i traumi, i pensieri tossici, i sentimenti che ci bloccano, il passato che non riusciamo a lasciar andare, l’auto sabotaggio.

Nel Forrest Yoga devi guidare il tuo respiro proprio lì, dove senti la fatica, dove senti che la ferita emotiva brucia ancora. In tal modo non si trascende il reale, al contrario, ci si immerge nella realtà per permettere una connessione con il nostro spirito, che è parte fondamentale di noi.

I quattro pilastri di questo yoga sono: respiro, forza, integrità, spirito.

Si lavora tanto con il core, il centro del nostro corpo, ritrovando forza nei nostri addominali. Mantenendo forte questa parte del corpo proteggiamo la nostra schiena ed entriamo in sicurezza nelle posizioni.

Si praticano molto le inversioni, accessibili a tutti grazie all’utilizzo del muro come supporto.

Non si ricerca mai la performance fisica: il vero challenge sta nella mente. Per ogni posizione esiste una variante che prevede l’utilizzo dei props (i supporti) per permettere di praticare veramente a tutti. C’è inoltre grande cura per ogni singola parte del nostro corpo.

Attraverso il rilassamento del collo si calma il sistema nervoso e si permette così il rilascio emozionale.
Mal di schiena, collo, spalle, polsi e disordini intestinali vengono curati o alleviati attraverso la pratica.

Il dolore inesplorato è come una scheggia di vetro rimasta conficcata nel corpo: i tessuti intorno si cicatrizzano sempre più, e possono divenire malattia.”: questa frase di Ana Forrest mi colpisce sempre tanto.

Ogni classe ci regala qualcosa di diverso, è difficile classificare il Forrest Yoga.

Alcuni aspetti della pratica sono simili allo hatha yoga, Ana del resto ha seguito per anni B.K.S. Iyengar (arrivando poi a scontrarsi con lui). Altri aspetti sono più simili al vinyasa, ogni pratica è quindi un atto creativo.

Lucrezia Montrone
Per praticare Forrest Yoga con me o avere maggior informazioni seguimi anche su Instagram: @Lucrezia_montrone

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