Antropocentrismo – Concezione secondo cui tutto ciò che è nell’universo è stato creato per l’uomo e per i suoi bisogni, per cui l’uomo si viene a trovare al centro dell’universo e può considerarsi misura di tutte le cose.
Si è stabilita una nuova epoca geologica che riconosce l’impatto dell’umanità sul pianeta. La domanda del giorno d’oggi non è in che modo lo Yoga si inserisce nel contesto culturale dell’Occidente, ma: cosa può significare la pratica dello Yoga ai tempi dell’Antropocene?
Abbiamo bisogno di più consapevolezza per vedere l’impatto delle nostre scelte sul nostro mondo, che altro non è che la continuazione di noi stessi.
La crisi di oggi si manifesta nella forma di tre principali divisioni del nostro tempo: il divario ecologico (la disconnessione tra sé e la natura), il divario sociale (la disconnessione tra sé e l’altro) e il divario spirituale (la disconnessione tra sé e sé).
Se lo Yoga è filosofia, scienza e pratica olistica, come ritroviamo il nostro essere completi in un mondo e tempo che sembra sgretolarsi, anziché progredire, nelle sue contraddizioni?
Ogni grande persona col suo esempio lascia tracce che qualunque altra persona possa seguire. – Baghavad Gita III.21
Ora abbiamo veramente bisogno di grandi persone. Anche secondo le scritture vediche stiamo vivendo nel Kali Yuga – un’era di conflitti e battaglie. Per migliaia di anni le popolazioni umane hanno vissuto in armonia con la natura, ma ora la logica di capitalismo e consumismo “occidentale” sta raggiungendo tutte le aree del nostro pianeta, alla velocità delle microplastiche che si abbattono ormai anche nei luoghi meno intaccati dal male umano, viaggiando col vento e propagandosi nelle acque. Un tempo, l’uomo richiedeva dalla terra solo ciò di cui aveva strettamente bisogno, mentre oggi, ogni anno, l’uomo uccide miliardi di esseri viventi e distrugge milioni di ettari di terra. Queste modalità sono state considerate a lungo il progresso della nostra specie, ma mentre osserviamo l’infelicità umana, animale e vegetale avanzare a passo svelto, inevitabile è ricredersi.
Se vogliamo cambiare le cose, dobbiamo ripensare la nostra quotidianità. Rivedere la nostra interconnessione con il mondo naturale. Ciò che facciamo alle foreste, ciò che facciamo agli oceani, ai fiumi, alla biosfera, lo facciamo ai noi stessi. Se avveleniamo l’aria, avveleniamo noi stessi. Quando cogliamo il grado in cui siamo congiunti con tutta la vita, iniziamo ad essere un veicolo della vita stessa, piuttosto che un ego imprigionato nella pelle.
Infatti, la vera pratica dello Yoga continua oltre i confini stereotipati di un tappetino. E’ la trasformazione del modo abituale di vedere il mondo, una via per immergerci nella realtà, come in una piscina di acqua tiepida.
Dicevo, lo Yoga significa unione. La vita è relazione. Per chi pratica lo Yoga non esiste “altro” e la definizione di samādhi è dissoluzione dei confini che ci separano dalla divinità, che parte dal nucleo più interno del nostro essere e si estende oltre i limiti percepiti della pelle.
Nel momento in cui osservi da lontano il picco di una montagna, magicamente l’hai già raggiunto, la sua brezza fresca soffia sopra e dentro di te. Quello che crediamo reale e immutabile decade, per rivelare una più ampia, espansa realtà. Un decisivo cambio di percezione.
Lo Yogi moderno si sente parte del mondo e di tutta l’esistenza. Lo Yogi di oggi trova la libertà spirituale nella comunione con la natura selvaggia. Questo sentimento nasce con noi, e solo crescendo viene corrotto dai modi della società che vede nel mondo un potenziale per lo sfruttamento.
Un cavallo selvatico è inutile finché non viene addomesticato, addestrato, sellato e imbrigliato. Un campo di fiori è infruttuoso finché non si instaurano recinzioni, non si spargono insetticidi, non si ara, coltiva e si fa scorta. Un fiume inservibile se non è arginato e imbottigliato. Una persona inconcludente, deve essere indottrinata, accumulare, ottenere e servire.
Insaziabili prosciughiamo le nostre risorse.
Se solo ci sentissimo un’unica estensione, anziché esseri individuali separati tra loro, non sentiremmo la necessità di appropriarci senza fine.
Il Kali Yuga ha dato vita ad una tradizione più moderna dello Yoga, in cui l’incarnazione della divinità è il mondo naturale di cui facciamo parte. Se fraintesa, questa realtà può essere causa di sofferenza. La causa di questa sofferenza è l’illusione, maya: la percezione errata secondo cui non riusciamo ad identificare la nostra connessione profonda, inevitabile e necessaria con il mondo in cui viviamo. E’ questo errore cognitivo, secondo i Tantra, che porta al nostro senso di essere intrappolati e vincolati dalla nostra esperienza di esistenza. La soluzione non è fuggire dal mondo, negare l’esperienza stessa, siamo chiamati invece a vedere la nostra condizione umana come una benedizione di cui sentirci grati.
Quindi, la libertà personale è inseparabile dal benessere del mondo naturale. La vera liberazione a cui dobbiamo andare incontro è quella dalla sofferenza del mondo naturale, causata dall’uomo ignorante della sua vera natura.
yogaś citta vṛtti nirodhaḥ – lo yoga quieta i vortici della mente
Il silenziamento dei vortici della mente, negli stati superiori di assorbimento meditativo, non ha come obiettivo ultimo il rifiuto del mondo, piuttosto, sostiene Ian Whicher, consente allo yogin di raggiugere uno stato di intuizione, che impegna giocosamente lo spettro di coscienza che si estende dalla “materia” allo “spirito”.
Questo fa del risultato più alto dello Yoga, l’affermazione e l’identificazione del corpo e del mondo naturale, come una cosa unica e imprescindibile.
Se nella tradizione monastica l’autorealizzazione prevedeva la liberazione (mokṣa) dal ciclo vita-morte (samsāra), lo Yoga ai tempi dell’Antropocene, per quanto mi riguarda, dovrebbe sostenere l’obiettivo ultimo dell’ecologia, la preservazione dei cicli biologici e della Natura, per ripristinare l’equilibrio che irresponsabilmente abbiamo intaccato.
Da questo punto di vista, la preservazione del samsāra potrebbe porre fine all’antropocentrismo che vede unicamente la realizzazione umana. Possiamo elevarci forse ad una più alta e ampia realizzazione: celebrando tutti gli aspetti della vita, venerando il corpo e le sue sensazioni (che ci permettono di fare l’esperienza del mondo) e abbattendo una volta per tutte la dicotomia spirito-materia.
Lo yoga ai tempi dell’Antropocene può essere un gesto di attivismo spirituale. Facciamo parte della reciproca realizzazione della nostra vera natura.
“Nel tuo corpo c’è il Monte Meru racchiuso dai sette continenti; ci sono anche i fiumi, i mari, le montagne, le pianure, e gli dèi dei campi. In esso si intravedono i profeti, i monaci, i luoghi di pellegrinaggio e le divinità che li presiedono. Ci sono le stelle, e i pianeti, e il sole assieme alla luna; ci sono anche le due forze cosmiche: quella che distrugge, quella che crea; tutti gli elementi: l’etere, l’aria e il fuoco, l’acqua e la terra. Sì, nel tuo corpo ci sono tutte le cose che esistono nei tre mondi, tutte che eseguono le proprie funzioni attorno al Monte Meru; solo colui che sa questa cosa è ritenuto un vero yogin.”
Sara Brunacci
Sito: www.sarabrunacciyoga.com
Altri link e contatti https://linktr.ee/sarabrunacciyoga
Riferimenti bibliografici:
– Baghavad Gita
– Śiva Saṃhitā
– Jacobsen K., Bhagavad Gita, Ecosophy T, and Deep Ecology
– Lidke J. S., Towards a Theory of Tantra Ecology
– O. Charmer, Teoria U