In questi giorni un nuovo concetto è apparso per magia nella mia vita: Ikigai. Arriva dalla cultura giapponese (come leggerete di seguito), ma presenta interessanti punti di contatto con lo Yoga e la meditazione.
Ma entriamo più nello specifico. Tutto parte da Okinawa.
Okinawa, piccolo arcipelago a sud del Giappone, è un luogo studiato in profondità da diverse bio-medicine, essendo parte delle famose “Zone Blu” del pianeta dove la popolazione manifesta una longevità superiore alla media. Gli abitanti di queste isole, oltre a vivere molto a lungo, seguono un’alimentazione salutare e praticano attività fisica dalla gioventù fino agli ultimi giorni di vita.
Dal punto di vista spirituale questo popolo pratica regolarmente la meditazione e proprio qui nasce uno dei termini più affascinanti legati a questa cultura: ikigai.
Il termine Ikigai è composto: iki (生き) che significa “vita” e kai (甲斐) “significato”. Quindi “un significato per la vita”, vale a dire una ragione per cui alzarsi la mattina.
Tutti, secondo la cultura giapponese, avrebbero il proprio ikigai. Trovare quale sia la ragione della propria esistenza richiede però una ricerca interiore che può spesso essere lunga e difficile. Tale ricerca viene considerata molto importante e la sua conclusione positiva porta alla persona una profonda soddisfazione.
Questo approccio alla vita si base su cinque pilastri che se guardati bene non differiscono molto da quello che ci insegna lo Yoga, ossia:
- Iniziare dalle piccole cose;
- Dimenticarsi di sé;
- Armonia e sostenibilità;
- Gioia per le piccole cose;
- Essere nel qui ed ora.
In questa ricerca il punto di partenza sono 4 domande:
- Cosa amo?
- Di cosa ha bisogno il mondo?
- In cosa sono bravo?
- Per cosa posso essere pagato?
Interagendo, queste quattro aree, creano in effetti quattro ulteriori aree, ed ulteriori domande sul significato per noi stessi di:
- Missione
- Passione
- Professione
- Vocazione
Farsi delle domande anche ripetute, meglio se buone domande, è il cosiddetto inquiring ed è molto efficace nell’esplorare se stessi (e lo studio di sè Svadhyaya è uno dei cardini anche dello Yoga essendo tra i 5 Niyama).
In uno studio dell’Università di Harvard, pubblicato su JAMA Psychiatry, alcuni ricercatori si sono chiesti se percepire un senso, o una ragione, per la propria esistenza potesse in qualche modo rallentare il declino fisico. Questo studio ha approfondito come questo tipo di approccio possa portarci ad avere vite più lunghe e in salute. Per poterlo fare, hanno preso i dati due volte, nel 2006 e nel 2010 da uno studio nazionale continuo di adulti over 50 chiamato Health and Retirement Study.
Metà dei soggetti sono stati intervistati di persona e hanno subito misurazioni di parametri fisici come forza e velocità della camminata, mentre per misurare il loro “senso della vita” hanno compilato un questionario studiato appositamente.
Le persone con un senso della vita più presente presentavano dati migliori sia nella forza che nella velocità di camminata. Sentire che la nostra vita ha un senso, dunque, pare aiutare il nostro corpo a funzionare meglio.
Peter Jaret, dell’università di Berkeley, in un suo articolo ha elencato una serie di studi condotti proprio per vedere che influenza ha una percezione del senso della propria vita sulla salute e sul benessere.
Secondo questi studi chi percepisce che la propria vita ha una ragione, allo stesso tempo ha:
- 50% in meno di probabilità di sviluppare l’Alzheimer;
- 50% in meno di probabilità di avere ictus e infarti.
È importante sottolineare che questi studi tendono a mostrare associazioni, non ancora causalità. Per dimostrare quest’ultima, entrambe le università stanno continuando a ricercare, con altri studi più approfonditi.
Conoscere il senso della propria vita significa conoscere sempre la direzione, indipendentemente dalle “curve” che la vita possa decidere di farci prendere. È un po’ come avere sempre la via chiara, e avendo una via chiara si possono affrontare più facilmente le deviazioni.
Questa chiarezza e la relativa sicurezza percepita, probabilmente, possono concorrere ad abbassare la nostra soglia di stress e ad aiutare la nostra mente a regolare le risposte agli eventi avversi, mantenendo in equilibrio quegli ormoni che causano, appunto, reazioni croniche di stress e le cascate di altre decisioni anormali che si hanno quando non si è in controllo della propria quotidianità e della propria vita emozionale (un po’ come lo Yoga ci aiuta a sospendere le modificazioni mentali ed a darci un’immagine più chiara di chi siamo realmente).
L’ikigai ci insegna ad allenarci emotivamente al piacere, curando la quotidianità con piccoli, ma grandi gesti, fissandoci obiettivi giornalieri, perchè la vita non è che il risultato della somma dei singoli giorni, ed ogni giorno deve essere celebrato (presenza mentale e consapevolezza proprio come nello Yoga).
L’ikigai ci restituisce un profondo contatto con noi stessi e il reale senso della vita, sublimando le piccole grandi cose che rendono la nostra vita unica, rendendo ogni singola giornata che viviamo densa di vita e di significato.
Tutte le cose che facciamo, ciò che ci circonda, le persone che amiamo e le decisioni che prendiamo durante la giornata hanno un valore che va celebrato ogni giorno.
Concentrarsi su ciò che è essenziale è necessario per avere una vita appagante (nello Yoga questo concetto è sintetizzabile con il Niyama Santosha, contetezza), imparando a riconoscere ciò che è superfluo, dando valore alle cose semplici ed essenziali, un’operazione che porta ad avere una vita meno stancante e quindi più soddisfacente.