La ciclicità della vita, la luce che vince su tutto.
Il solstizio (dal latino solstĭtĭum, composto da sōl, “Sole”, e sistĕre, “fermarsi”) è in astronomia il momento in cui il sole raggiunge, nel suo moto apparente lungo l’eclittica, il punto di declinazione massima o minima. La notte tra il 21 e il 22 dicembre è la più lunga dell’anno, il cosiddetto solstizio d’inverno. E’ il momento dell’anno in cui l’oscurità prevale sulla luce, ma è lo stesso che indica la “rivincita” della luce stessa che pian piano riconquista terreno fino a condurci all’equinozio di primavera quando la durata della notte si equivarrà a quella del giorno.
Durante questo processo la comprensione esoterica può essere visualizzata come un’illuminazione riflessa che rischiara il buio della caverna: un fascio di luce che penetra da un’apertura nel tetto della caverna e che genera quell’illuminazione di riflesso, descritta anche dal mito della caverna sacra di Platone e la cui fonte è il “Sole Intelleggibile”.
Da sempre l’uomo ha cercato nel Cielo la risposta alle sue domande. Il Sole è simbolicamente connesso all’idea di immortalità e, sin dai tempi primitivi, era infatti considerato una divinità fondamentale, in grado di donare la vita. Il solstizio d’inverno simboleggia la morte che dà inizio alla rinascita del Sole e dell’uomo: il Vecchio Sole muore e si trasforma nel Sole Bambino che rinasce dall’utero della grande Madre Terra. Il solstizio d’inverno è quindi un momento di grande rigenerazione cosmica per l’universo che si appresta a una seconda nascita spirituale, accedendo a quella che gli induisti definiscono la “via degli dei”, o devayana, e per l’essere umano che intraprende la via dello sviluppo sovraindividuale.
Tracce di culti solari s’incontrano in tutto il mondo, dalla Polinesia all’Africa alle Americhe e giungono fino ai nostri giorni: per gli eschimesi il sole è la vita mentre la luna la morte, in Indonesia il sole s’identifica con un uccello e con il potere del volo, tra le popolazioni africane primitive la pioggia è il seme fecondatore del dio Amma, il sole, creatore della terra.
Per gli Inca, la cui massima fioritura si ha intorno al XV secolo, la divinità Inti è il sole, sovrano della terra, figlio di Viracocha, il creatore, e padre della sua personificazione umana, l’imperatore. Attorno a Cusco, capitale dell’impero, sorgono i Mojones, torri usate come “mire” per stabilire i giorni degli equinozi e dei solstizi. A Macchu Picchu, luogo sacro degli Inca, si può ancora vedere il Torreon, una pietra semicircolare incisa per osservazioni astronomiche, e l'”Intihuatana”, un orologio solare ricavato nella roccia.
Per i Maya il sole è il supremo regolatore delle attività umane, sulla base di un calendario nel quale confluiscono credenze religiose e osservazioni astronomiche per quell’epoca notevolmente precise.
Tra gli indiani d’America il sole è simbolo della potenza e della provvidenza divine. Presso gli Aztechi è assimilato a un giovane guerriero che muore ogni sera e ogni mattina risorge, sconfiggendo la luna e le stelle: per nutrirlo il popolo azteco gli offriva in sacrificio vittime umane. Leggende analoghe, anche se fortunatamente meno feroci, si trovano ancora tra le popolazioni primitive nostre contemporanee. Gli stessi Inuit (eschimesi) ritenevano fino a poco tempo fa che il sole, durante la notte, rotolasse sotto l’orizzonte verso nord e di qui diffondesse la pallida luce delle aurore boreali: convinzione ingenua, ma non del tutto errata, visto che è stato studiato come le aurore polari siano proprio causate da sciami di particelle nucleari proiettate nello spazio ad altissima energia dalle regioni di attività solare.
Tutto il culto degli antichi Egizi è dominato dal sole, chiamato Horus o Kheper al mattino quando si leva, Ra quando è nel fulgore del mezzogiorno e Atum quando tramonta. Eliopoli, la città del Sole, era il luogo sacro all’astro del giorno, il tempio di Abu Simbel, fatto costruire da Ramses II nel XIII secolo a.C. avanti Cristo, era dedicato al culto del Sole. Secondo la cosmologia egizia il Nilo era il tratto meridionale di un grande fiume che circondava la Terra e che, verso nord, scorreva nella valle di Dait, che raffigurava la notte; su esso viaggiava un’imbarcazione che trasportava il Sole (raffigurato come un disco di fuoco e impersonato nella figura del dio Ra) che nasceva ogni mattino, aveva il culmine a mezzogiorno e al tramonto viaggiava su un’altra imbarcazione che lo riportava a est. Si devono agli Egizi alcune delle prime precise osservazioni astronomiche solari, in base alle quali i sacerdoti del faraone prevedevano le piene del Nilo e programmavano i lavori agricoli. Le piramidi sono disposte secondo orientamenti astronomici, stellari e solari. Gli obelischi erano essenzialmente degli gnomoni, che con la loro ombra scandivano le ore e le stagioni.
Nello Yoga in questo periodo possiamo utilizzare Asana o meditazioni che promuovano il ricambio e la purificazione del sangue, e/o che tonifichino il sistema endocrino.
Nel Kundalini Yoga ricordiamo il Surya Kriya, che prende il nome dall’energia del sole. Le asana stimolano la forza pranica.
- La prima asana, attiva il respiro solare.
- La seconda serve a rilasciare l’energia conservata nel Punto dell’Ombelico.
- La terza porta l’energia Kundalini rilasciata lungo il percorso della spina dorsale e aiuta la sua flessibilità.
- La quarta, trasforma l’energia sessuale.
- La quinta, apre il Chakra della Gola, stimolando la circolazione verso la testa e lavorando sulle ghiandole tiroide e paratiroide.
- La sesta, flettendo la colonna vertebrale, abbiamo una distribuzione dell’energia in tutto il corpo, bilanciando il campo magnetico.
- La settimana asana, porterà una profonda meditazione auto curativa. Sedendo in posizione facile (posizione meditativa, con la schiena dritta) con le mani in Gyan Mudra, sopra le ginocchia, portiamo l’attenzione al Punto fra le sopraciglia. Tiriamo in dentro il Punto dell’Ombelico applicando il Mulabandha. Durante l’ispirazione vibriamo mentalmente Sat e nell’ispirazione Nam.