Da oriente ad occidente nel corso della sua espansione il mondo islamico si è presentato più come una cultura dell’incontro che come una civiltà di scontro. Il pensiero islamico classico si è avvalso di culture e tradizioni diverse che, soprattutto nel medioevo, vennero assorbite dall’Islam stesso.
I dotti islamici si sono nei secoli interessati sia alla filosofia ellenica che a quella vedica e proprio dallo studio dei testi induisti molti mistici musulmani indiani hanno studiato lo Yoga apprendendone alcuni esercizi respiratori e la pratica del canto devozionale (mantra e japa).
A titolo di esempio si ricorda che l’India sotto la dominazione Moghul prosperava nel nome del pluralismo, della tolleranza e dell’amore per il bello. Già dai tempi di Akbar avevano avuto inizio le traduzioni in persiano dei grandi libri della civiltà induista. Vennero tradotti il “Mahabharata” e il “Ramayana” (due dei grandi poemi epici indiani). In questo contesto vogliamo ricordare a figura del sufi Muhammad Dara Shikoh (1615-1659) che scrisse «La congiunzione dei due oceani» dove vengono comparati Islam, Induismo e le altre religioni monoteiste al fine di dimostrare che in fondo, sono voci diverse intonate per cantare lo stesso Dio. Per Dara Shikoh i Veda erano le scritture inviate da Dio ai popoli dell’India.
Uno dei testi vedici più importanti per il Sufismo islamico è stato l’ “Amritakunda” (La Vasca del Nettare). Questo libro, ormai perduto, venne tradotto in arabo nel 1210 col titolo di “Hawd ma’ al-hayat” (La Vasca dell’Acqua della Vita) e successivamente (XVI secolo) dall’arabo al persiano grazie all’opera di Muhammad Ghawth Gwaliyari (1502-1563) con un titolo completamente nuovo, ossia “Bahr al-hayat” (L’Oceano della Vita). Muhammad Ghawth si interessò soprattutto agli esercizi introspettivi e di visualizzazione, alle pratiche basate sul controllo del respiro e alle diverse meditazioni presenti nello Yoga. Egli studiò in modo approfondito la disciplina degli yogi incorporandola nel proprio trattato sulla meditazione scritto nell’eremo di Qalat al-Khayyar in Gujarat, ossia i “Jawahir-i khamsa” (I Cinque Gioielli). In tale scritto viene divulgata la formula dello dhikr (l’orazione continua) del tahlil (La ilaha illa Allah: non v’è divinità eccetto Dio) del mistico Hallaj. Alcune Asana (posture) mutuate dallo Yoga furono da lui introdotte per facilitare il raggiungimento di uno stato di beatitudine Divina espressa dalla frase “Ana-l-Haqq” (Io Sono la Verità) pronunciata da Hallaj stesso.
Come noto, il termine Yoga deriva dalla radice sanscrita «Yug» che significa unire, legare assieme, soggiogare, dirigere come anche concentrare l’attenzione, usare ed applicare. E se lo Yoga è unione e comunione, l’Islam è unione della propria volontà con quella di Dio, in un perfetto equilibrio fra tutte le componenti del nostro essere: corpo, mente e spirito.
Muhammad Ghawth voleva realizzare quell’unità fra Yoga e Sufismo cercando un continuo accordo fra gli insegnamenti yogici e le dottrine islamiche.
Portiamo ora la nostra trattazione sull’incontro tra induismo e islam a tempi più recenti. Con l’indipendenza del Pakistan si è assistito ad un risveglio dell’orgoglio islamico divenuto punto di partenza per una nuova visione del mondo con una separazione decisamente più marcata fra cultura indiana e mondo musulmano. Ma è proprio nel Pakistan dei giorni nostri che lo Yoga sta trovando nuova diffusione grazie all’operato di Yogi Haider originario di Shamshad (provincia del Punjab), maestro di yoga che dal 1994 insegna tale pratica e che è divenuto fondatore dello Yoga Pakistan e di Way of Nature attraverso cui insegna yoga e meditazione. Yogi Haider ha studiato yoga in Birmania, Tibet, Nepal e India, anche da SN Goenka (religioso birmano naturalizzato indiano, influente maestro spirituale che ha aperto centri di meditazione in tutto il mondo).
La sua associazione diffonde lo yoga a oltre 10.000 studenti a Islamabad, Karachi, Rawalpindi e Lahore. I suoi studenti includono politici pakistani quali Qaim Ali Shah (primo ministro di Sindh) e Ghulam Mustafa Khar (ex governatore del Punjab).
Haider ha il grande merito di fornire una formazione pubblica e gratuita al fine di diffondere lo yoga tra i pakistani e la sua attività ha avuto anche un importante riconoscimento dal governo pakistano che gli ha concesso il permesso di tenere campi yoga e di promuovere lo yoga.
Yogi semplice, pacifico e fiducioso, parla inglese, urdu, hindi, punjabi, arabo e nepalese. La sua ambizione è quella di emulare, nella propria terra, le gesta dello Yogi indiano Baba Ramdev.
Il suo avvicinamento allo yoga avvenne quando mentre era in Arabia Saudita, soffrì di un forte dolore all’appendice e gli fu suggerito un’operazione. Egli rifiutò e cominciò a leggere libri sulla scienza della mente e dopo aver letto i libri, cominciò a sentire cambiamenti visibili nella mia vita e questo lo porto alla pratica dello Yoga.
La diffusione dello yoga da parte di Haider è una impresa che pareva a molti impossibile. Una parte della stampa europea, per esempio, ricorda come nel 2016 egli sia riuscito a celebrare in Pakistan la seconda giornata internazione dello yoga del 21 giugno: in quell’occasione egli praticò insieme ai suoi 20.000 studenti di yoga senza alcune pubblicità da parte dei media.
Il pensiero di Haider è enfatico quando afferma: “A differenza di ciò che molti musulmani pensano, lo yoga non ha nulla a che vedere con la religione indù e dovrebbe essere accettato dalle persone di tutte le fedi. I musulmani dovrebbero fare almeno cinque minuti di meditazione giornaliera dopo la preghiera islamica dell’alba (Fajr)”. E prosegue: “Lo Yoga aiuta a guadagnare la stabilità mentale, la pace, la vita equilibrata. Inoltre, ci insegna la disciplina vitale nell’Islam e in tutte le religioni. Lo Yoga appartiene all’umanità in forma di scienza pura e non è l’unica entità dell’India”. “Mentre indù e musulmani lottano per la sua origine e la pratica, i nostri club hanno persone provenienti da tutte le sette di musulmani, cristiani e indù che lo hanno fatto parte della propria vita per raccogliere i suoi benefici per la salute” .
Tra i più di 50 club di yoga in Pakistan, Haider sovrintende i principali a Islamabad, Lahore e Rawalpindi. Haider ha circa 60 formatori tra cui sua moglie, Shumaila, che si occupa della pratica delle donne.
Egli vede come sua ispirazione e il modello SN Goenka di cui dice:”Mi ha insegnato la meditazione quando ho viaggiato in India. Questo ha cambiato la mia vita. Dopo di che ho iniziato le sessioni di yoga in Pakistan. Era il mio eroe”.
Diversi religiosi islamici frequentano i suoi centri per imparare e praticare lo yoga e la meditazione. L’aspirazione di Yogi Haider si riassume in queste poche parole: “Voglio lo yoga in ogni scuola e in ogni comunità in Pakistan”.
Il suo pensiero ricorda quello di un monaco benedettino (J.M. Dechanet) che ha un approccio simile nel suo considerarsi un yogino di Cristo. Nella sua opera “Yoga per i cristiani” dice: In quanto alle pratiche dello Yoga, le considereremo per quello che sono: né religione, né mistica; semplicemente una disciplina, un’arte, per altro geniale: quella di unificare, raccogliere nell’uomo elementi troppo spesso dispersi o divisi, quella di sviluppare in lui la vita dello spirito, vita divina per il cristiano più ancora che per l’induista; quella di unire, di aiutare la grazia a unire a Dio (particolarmente proprio dello Yoga cristiano) la sua creatura privilegiata”.