Lakshmi è, nella tradizione induista, una Divinità femminile tra le più benevole, associata alla luce, alla prosperità (sia materiale che spirituale) e alla purezza. Pur essendo consorte del Dio Vishnu, gode di un culto autonomo, piuttosto diffuso ed esteso pressoché in ogni tradizione induista. E’ anche madre di Kama, dio dell’amore.
Il suo nome deriva da due radici sanscrite, laksh e laksha, che significano rispettivamente “percepire, osservare, sapere, conoscere, comprendere” e “obiettivo, traguardo”: il simbolismo di questa dea di conseguenza è strettamente legato alla consapevolezza dei propri desideri e all’impegno necessario a realizzarli.
La dea Lakshmi è incorrettamente identificata col denaro, in conseguenza del suo attributo principale, la prosperità o abbondanza. È inoltre dea anche della purezza e della santità, oltre che del Brahma-vidya (conoscenza divina). E’ a lei che ci si rivolge per chiedere felicità in famiglia, amici, matrimonio, bambini, cibo e ricchezza, bellezza e salute.
Spesso le si attribuisce il nome di Shri a sottolineare le sue caratteristiche di bellezza, perfezione e gloria rifulgente.
Lakshmi è inoltre associata ai re, poiché, nelle antiche scritture indù, il sovrano era ritenuto essere un rappresentante del Divino, quasi una Sua incarnazione, e per questo era tenuto a vigilare che le proprie ricchezze e i propri privilegi fossero utilizzati al servizio di Dio.
Un altro epiteto associato a Lakshmi è Chanchala, ossia “instabile”, a evidenziare la tendenza della Divinità a non rimanere stabilmente al fianco di nessuno.
La dea è rappresentata con la figura di una giovane ragazza dall’aspetto molto gradevole in piedi su un fiore di loto con quattro braccia. Da una delle sue quattro mani – quella destra inferiore posta nel gesto di donare (varada mudra) – scende una cascata di monete d’oro, a significare l’aspetto di ricchezza e prosperità associato a tale divinità, mentre la mano inferiore sinistra è nel gesto di protezione noto come abhaya mudra. Le restanti mani tengono due fiori di loto e spesso questa dea è associata a tale fiore perché tale pianta, che nasce dal fango, ma fiorisce sulla superficie dell’acqua, senza che il fiore porti traccia alcune del fango, è simbolo di purezza, forza spirituale, perfezione e autorità. Inoltre, la posizione seduta su un loto è un elemento ricorrente dell’iconografia di molte altre divinità induiste e buddhiste ed indica che l’essere in questione trascende le limitazioni del mondo (il “fango” dell’esistenza) per muoversi liberamente in una sfera di purezza e spiritualità (come il loto sulla superficie dell’acqua).
Le quattro mani nel complesso rappresentano i quattro scopi della vita: giustizia (dharma), sostentamento (artha), piacere mondano (kama) e liberazione spirituale (moksha).
Il veicolo di Lakshmi è il gufo (ulooka in sanscrito) mentre la sua pianta dedicata è Tulasi, il basilico sacro.
La storia della nascita di Laksmi è legata a un episodio che vede protagonisti il saggio Durvasa e il Dio Indra ed è raccontata nello Shri Sukta (“Inno a Shri”), aggiunto al Rig Veda (uno dei 4 veda insieme a Yajur Veda, Sama Veda e Atharva Veda) tra il 1.000 e il 500 a.C..
Un giorno, mentre Durvasa si stava recando presso la città dove risiedono le Divinità, Indra, Signore degli dei, gli sfrecciò accanto sul suo veicolo, l’elefante Aivarata. Quando lo vide, Durvasa gli offrì la ghirlanda che portava al collo, in segno di rispetto e come forma di benedizione. Indra, accorgendosi a malapena del saggio, vestito solo con un abito logoro e polveroso per i suoi lunghi viaggi, afferrò la ghirlanda e la lanciò sulla proboscide del suo elefante, che la fece cadere e la calpestò. Alla vista di un simile affronto, gli occhi di Durvasa divennero rossi come braci ardenti ed egli immediatamente maledisse Indra con parole di fuoco: “Poiché sei stato sopraffatto dall’orgoglio e dall’arroganza, fortuna e ricchezza ti abbandoneranno!”. Il Dio Indra a quel punto si voltò e riconobbe Durvasa, noto per la sua potenza e per il carattere facilmente irritabile, e subito si rese conto di aver commesso un grave errore. Si prostrò perciò ai suoi piedi e quindi il saggio, un po’ più rasserenato, rese meno aspro il suo anatema aggiungendo: “Recupererai quanto hai perso allorché il volere del Dio Vishnu ti sarà favorevole”.
In seguito, le forze di Indra iniziarono a dissiparsi velocemente e i demoni subito sbaragliarono l’esercito del Dio Indra e si impadronirono dei cieli. A seguito di ciò la consorte di Indra, Svarga Lakshmi (“ricchezza celeste”), sparì. Indra si recò quindi da Vishnu che, a fronte della sua richiesta di aiuto, disse: “Per prima cosa, stipulate una tregua con i demoni e poi, con il loro aiuto, rimescolate l’oceano di latte. In tal modo, dopo che sarà emerso il nettare dell’immortalità, amrita, anche la Devi Lakshmi apparirà”. Seguendo le indicazioni del Dio Vishnu, i Deva avvolsero il serpente Vasuki attorno al Monte Mandara e convinsero anche i demoni a collaborare, con la promessa che avrebbero con loro condiviso equamente ciò che sarebbe emerso. Ad aiutarli nell’eroica impresa giunse anche Vishnu stesso il quale, incarnatosi nella forma dell’immensa tartaruga Kurma, fece da base d’appoggio alla montagna d’oro.
Inaspettatamente, la prima cosa che apparve fu un veleno letale, halahala. Visti gli effetti devastanti del siero, il Dio Shiva scelse di ingoiarlo per salvare l’universo dalla distruzione, e ne rimase illeso: l’unico effetto che ne derivò fu che la sua gola divenne blu.
Dal frullamento dell’oceano emersero poi gioielli e pietre preziose, ma i Deva non se ne curarono per nulla, memori del monito del Dio Vishnu il quale li aveva avvertiti di non mirare ad altro all’infuori del nettare. Gli avidi demoni, invece, non esitarono a impossessarsi degli splendidi oggetti che via via affioravano dalle acque.
Da tale frullamento emerse anche Kamadhenu, la vacca sacra capace di esaudire tutti i desideri, considerata la madre di tutte le mucche e rappresentante di fertilità, fecondità e pienezza della vita.
Ad un certo punto, dai flutti e dalle spume scintillanti per l’energico rimescolamento nacque finalmente Lakshmi, che con le sue affascinanti sembianze abbagliò Deva e demoni a un tempo. Ognuno la voleva per sé, ma Lakshmi, nella scelta del suo consorte, disse: “Vi sono alcuni che, sottopostisi a dure austerità, hanno acquisito un immenso potere spirituale, eppure non riescono a dominare l’ira; altri possiedono una profonda conoscenza, ma non il dominio dei sensi. Tutti, a questo mondo, dipendono da qualcos’altro. Solamente il Dio Vishnu è in grado di proteggere tutte le creature: solo in Lui chiunque può trovare rifugio. Perciò, è con Lui che voglio unirmi in matrimonio”.
Lakshmi dunque si avvicinò timidamente al Dio Vishnu e sistemò sulle sue spalle una ghirlanda di fiori di loto. Le Divinità tutte si compiacquero di ciò e benedissero la coppia. Allora Lakshmi posò su ognuno di loro il suo sguardo pieno di compassione, e tutti i Deva sentirono di aver nuovamente acquisito forza e vigore.
Ma ritornando alla nostra dea, ricordiamo che in virtù delle sue divine caratteristiche, numerosi sono i nomi con cui a lei si rivolgono i fedeli:
- Padmasundari (affascinante come un loto)
- Padmamukhim ( bella come un loto)
- Padmakshi (colei che regge il loto)
- Padmamaladhara devi (dea con la ghirlanda di loto)
- Padmapriya (amante del loto)
- Bhargavi (figlia di sage Bhrigu)
- Narayani (moglie di Vishnu)
- Dharidradvamghini (colei che combatte la povertà)
Una delle principali feste indiane, Diwali, festa delle luci, è a lei dedicata ricordando la divina unione di Lakshmi con Vishnu. In questa occasione ogni luce, ogni lumino, ogni lampada sono accesi in onore della venuta di Lakshmi sulla terra, come per rischiararle il cammino e rendere ogni casa, ogni villaggio, ogni capanna sparsa nella foresta accoglienti e pronti per la sua visita dispensatrice di abbondanza e prosperità.
Alla Divinità femminile Lakshmi sono cari gli ambienti puliti, ordinati e belli. Per questo motivo, durante Diwali, i devoti lavano e riordinano la propria casa per prepararsi ad accogliere la presenza benevola della Divinità e lasciano la porta aperta per favorirne l’ingresso. Al contrario, la sorella di Lakshmi, la terrifica Jyeshta, si compiace degli spazi sporchi e squallidi: dal momento che le due sorelle non risiedono mai nello stesso luogo contemporaneamente, ecco spiegato il motivo di un tale rituale di pulizia, che serve a propiziarsi la presenza di Lakshmi anziché quella di Jyeshta.
La donna sposata, in India, è vista come un’incarnazione della Dea Lakshmi. I mariti sono invitati a vedere nelle loro mogli Lakshmi e molte immagini rappresentano Lakshmi sulle ginocchia di Vishnu o che accudisce il marito massaggiandogli i piedi.
Le donne al momento del matrimonio indossano un sari con i colori di Lakshmi, oro e rosso e i gioielli d’oro, metallo di Lakshmi. Nelle immagini Lakshmi è rappresentata sempre adornata da molti gioielli e la donna che ha cura di sè, del proprio corpo e dei propri ornamenti è ben vista. Un detto indiano recita:
Come una donna abbellisce la sua casa
così abbellisca il suo corpo
e gli dei la benediranno con la prosperità